Archives for posts with tag: Italia

Tutto iniziò con due modellini. Da un lato, il team degli ingegneri di Airbus, supportato da diversi Paesi europei, tra cui NON l’Italia. 

Dall’altro, l’americano Boeing. Era nell’aria, ma la libera concorrenza consentiva all’Europa, per quanto partner commerciale degli States, di scommettere su un diverso modello di velivolo.

Il casus belli

Quale sia il migliore, poco ci importa. Quello che ci interessa è il compromesso al quale si è pervenuti: nessuno pesti i piedi a nessuno. Tutto sembrava filare, finché Germania, Francia, Inghilterra e Spagna hanno deciso di destinare aiuti statali alla Airbus, scatenando nell’ottobre 2019 le ire trumpiane.

Nonostante l’Italia fosse esclusa, alcuni suoi prodotti DOC hanno subito un rialzo doganale del 25%.

È quindi in un clima decisamente teso che è stato accolto il nuovo aiuto di stato promesso da alcuni Paesi europei alla Airbus, deragliata dalla recente pandemia. 

Con i conti quasi in rosso, la compagnia ha bisogno più che mai di un intervento di salvataggio. Già il primo intervento  stato era mal digerito dagli Stati Uniti, che hanno riversato il mal di pancia in uno dei modi consentiti dalla diplomazia internazionale: i dazi. 

Ma su questo secondo intervento è una scommessa: il potere negoziale europeo potrebbe aumentare, visto che anche gli States hanno dato una spintarella ai conterranei di Boeing.

La Wto avrebbe dovuto esprimersi in merito alla questione, ma la pandemia, strano a dirsi, ha posticipato il giudizio ad ottobre, lasciando sostanzialmente un punto di domanda nell’aria.

Salviamo il salame

Diventa immediatamente motivo d’interesse per l’Italia tutelare con un negoziato ad hoc i propri prodotti DOC (perdonate il bisticcio). Ivan Scalfarotto, sottosegretario agli Affari Esteri con delega alle politiche commerciali e i dazi, si è incontrato virtualmente con l’omologo statunitense. 

La lista di proscrizione dei prodotti destinati al rialzo dei dazi verrà aggiornata. 

Sembra che il 12 agosto (questa la data del provvedimento statunitense) il salame sarà salvo. 

 

Se n’è parlato tanto, ma è arrivato forse il momento di fare due conti. Questo Mes è vantaggioso o è svantaggioso per una prospettiva di lungo termine dell’economia italiana?

Innanzi tutto, vediamo di approfittarne per fare un ripassino di finanza di base. Vediamo insieme come si calcola il rendimento di un titolo.

Come si calcola il rendimento

Il rendimento di un titolo si calcola facendo un incrocio di 3 valori: prima di tutto il tempo che si impiega per l’operazione. Poi, l’ammontare dell’investimento iniziale, e infine i flussi di cassa dell’investimento stesso, che vanno a definire l’ammontare finale ricevuto dall’investitore.

Così è un’equazione estremamente semplificata e molto banalizzata, ma è utile per capire grossomodo cosa significano le percentuali che vediamo nei telegiornali relativamente ai titoli statali. Va poi aggiunto che i titoli di Stato prevedono l’opzione delle cedole, cioè una sorta di pagamento rateizzato all’investitore, che comunque alla scadenza prevista riceverà indietro l’intero ammontare del suo debito, più gli interessi.

Come si calcola in pratica il rendimento? C’è un’operazione molto complessa, che potete comodamente trasferire su un foglio Excel, oppure potete chiederla al vostro financial advisor di fiducia. Insomma, non c’è modo di perdersi con il rendimento.

Siamo Mes male?

Il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis sostiene che in Italia ci sia una “narrativa ingannevole” per quanto riguarda il Meccanismo europeo di Stabilità (Mes). 

Ma ormai non è del tutto vero: sono molti infatti gli analisti finanziari italiani che vedono il Mes come un’opportunità. Soprattutto alla luce della forte spesa che gli Stati membri dovranno affontare per il Coronavirus (parliamo circa del 2% del Pil).

In sostanza, un punto forte è la non-condizionalità che il Fondo applica per erogare i prestiti, cosa che lo rende diverso dal tentato salvataggio della Grecia di qualche tempo fa.

Il Sole 24Ore a differenza di quanto avvenuto in passato per i salvataggi di Stati membri come accadde con la Grecia. Unico vincolo, che si investa sulla spesa per la sanità pubblica.

Si parla di circa 36 miliardi di euro, virtualmente, a disposizione dell’Italia, con un tasso annuale a 0,1% e costo annuale di 0,005%.  Volete provare a fare il calcolo?

Questa è stata la valutazione fatta in sede DEF sul debito pubblico italiano. Dieci anni di conti in attivo per poterci garantire di rientrare almeno nella media europea. Per ora, questo è uno scenario molto lontano. 

Debito pubblico italiano, l’influenza del Governo

Queste sono le due autorità che incideranno maggiormente sul debito pubblico italiano. È ormai quasi un dato di fatto che il Governo avrà ancora a lungo il controllo finanziario ed economico da cui consegue il debito pubblico italiano. 

Almeno, a occhio, fino alla fine del 2020. Questa fortunatamente non è una realtà solo italiana, ma vediamo anche solo in Europa che il protezionismo dei Governi nazionali influisce pesantemente sull’economia. Un esempio tra tutti, il mega-recupero di Lufthansa da parte dello Stato tedesco.

Attenzione alle agenzie di rating

Dall’altro lato, lo scacco che possono muoverci le agenzie di rating è reale e sempre imminente. Dice il Sole 24 Ore che nella serata del 24 aprile Standard & Poor’s ha valutato con outlook negativo il BBB italiano. 

Per chi non è addetto ai lavori: le agenzie di rating danno un voto ai titoli di Stato valutandone l’affidabilità creditizia. Si inizia dalla A e si arriva alla D, il peggiore.

Diciamo che un BBB indica una certa affidabilità, e quindi le previsioni non possono essere totalmente negative. Però in momenti di incertezza è normale che gli investitori si rivolgano in prima istanza a queste agenzie di rating prima di valutare il singolo titolo con criteri autonomi.

Il Consiglio Europeo decide lentamente

I tempi della politica, si sa, a volte sono troppo lenti per far fronte alle emergenze. È quello che è successo in questo caso, con il Consiglio Europeo che non dà ai Mercati risposte univoche sui fondi che attiverà per salvare gli Stati.

Non entriamo nel merito politico di questa questione, perché poi ognuno fa le sue valutazioni ideologiche. Quello che posso dire è che, di certo, la lentezza della politica europea non sta aiutando il recupero del nostro debito pubblico, al momento.

L’arte che domina ogni cosa.

Questo, in brevissima sintesi, il commento del prolifico scrittore non appena ebbe visto l’Italia. Un viaggio di piacere, quello di Checov, al quale si fece convincere dall’amico Aleksej Suvorin, direttore del maggiore giornale conservatore di Pietroburgo “Novoje Vremia” (Tempo Nuovo) . Insieme all’Italia, la Francia. In entrambe tornerà a distanza di qualche anno, quando la sua vita professionale e la sua fama di scrittore saranno ormai decisamente affermate.

Ma per questo primo, timido viaggio all’estero, Checov rimane incantato dalle bellezze della nostra penisola. Di Venezia dice:

“Mai in vita mia ho visto città più bella di Venezia. Qui tutto è scintillio e gioia di vivere”.

L’amore per l’arte è per lui il genius loci italiano:

“A parte la bellezza dei paesaggi e la dolcezza del clima, l’Italia è l’unico paese in cui ci si senta convinti che l’arte domina davvero ogni cosa. E tale convinzione infonde coraggio”.

Inutile dire che ho immaginato il contatto di un così sensibile drammaturgo con le macchiette dei personaggi della commedia dell’Arte, come doveva essere in ambienti extra-goldoniani.

Il reportage non ha mai appartenuto a questo prolifico scrittore, ma possiamo dire che quantomeno l’idea di documentazione gli sia sorta, a un certo punto della vita. A dispetto di quanto lo denigrano per la sua mancanza di schieramento politico esplicito, va detto che Anton Checov decise a un certo punto di intraprendere un viaggio nell’isola di Sachalin, colonia penale nelle acque del Giappone, dal lato opposto della Russia rispetto a quello nel quale viveva.

Giunge dopo un viaggio della speranza a Alexandrovsk, capitale amministrativa dell’isola, nella quale si trovano ben 5 colonie penali. Una volta scontata la condanna, gli ex condannati sono obbligati a rimanere nell’isola come coloni. La scusa ufficiale di Checov è fare un censimento dei condannati, quindi tenta l’approccio con i residenti affermando che intende raccogliere dati statistici.

Raccoglie circa diecimila schede. Le sue impressioni sull’isola sono disastrose: i forzati, abbruttiti dalla fatica, dalle percosse e dall’alcool, trascinano se stessi e le famiglie per le strade. I bambini, che vivono nell’assenza di istruzione, sono già corrotti sin da piccoli.

L’impressione che Checov ricaverà da questa isola è di estrema desolazione. Un paesaggio ansiogeno, che rimarrà impresso nella sua memoria. Non scrisse subito la cronaca del viaggio, esseno gravato dalle spese famigliari che gli imposero di scrivere immediatamente dopo il suo ritorno i due racconti “Gurev” e “il duello”. Per Sachalin farà una cospicua donazione al fondo per la lotta all’analfabetismo, imponendo di destinare centinaia di volumi all’isola.

“L’isola di Sachalin” uscirà due anni dopo, in seguito a lunga meditazione e revisione. Nell’intermezzo Checov farà anche un viaggio in Italia, per disintossicarsi dall’impressione misera che la colonia penale ebbe su di lui.

Ed eccoci infine al suo viaggio nella nostra penisola.

In mezzo a tempi difficili per la pubblica scuola italiana, qualche riconoscimento internazionale arriva, e non indispone i già esacerbati critici del nostro sistema educativo.

I mondiali della robotica della Nasa sono stati vinti da tre scuole italiane, e questa è la notizia importante ma non la sola.

La Zero Robotics

La Zero Robotics è forse la principale competizione mondiale di robotica per studenti, voluta dalla Nasa e dall’università di Boston, che della sinergia tra queste due grandi realtà scientifiche ha fatto un obiettivo condivisibile anche da uno degli organismi con più potenziale scientifico, anche se spesso mal sfruttato: la scuola.

E quindi il viaggio di questi giovanissimi guidati di loro professori è iniziato tra i banchi, per finire negli States. Cinque mesi di sfide, 180 scuole partecipanti.

Un podio tutto italiano

Obiettivo della simulazione finale: manovrare delle micro sonde in ambiente di microgravità, a bordo della Stazione spaziale internazionale.

Sul podio il liceo Avogadro di Vercelli, seguito dal Cecioni di Livorno e dall’Istituto Tecnico Righi di Napoli. E’ proprio su quest’ultimo che spenderei qualche parola in più, innanzi tutto perché credo che gli istituti tecnici in Italia siano usciti un po’ dall’alone di discredito che vigeva forse più nella mia epoca storica. Un ottimo istituto tecnico, mi dicono rinomato in città e che garantisce un buon profilo di preparazione. Che ha anche portato a casa un riconoscimento internazionale non da poco, con questi mondiali di robotica.

Il caso che l’aveva coinvolto qualche tempo riguardava la carenza di fondi. Senza i fondi, lo sappiamo, non si viaggia fino agli States, che non sono proprio una rituale meta da gita scolastica.

Solidarietà scientifica e umana

Un vero e proprio appello, quello della scuola, a chiunque fosse disposto a donare per la causa degli studenti. Una causa scientifica, ma anche e soprattutto umana. E questo credo che sia l’aspetto più toccante, il sommovimento di energie di esterni, che per l’ambizioso progetto di un gruppo di giovani promesse mette a disposizione il proprio denaro e tempo.

Un ringraziamento ai professori, ai donatori, e un grande plauso alla bravura dei nostri ragazzi!

Sono a riportare un’indagine statistica sullo stato della conoscenza e dell’occupazione in Italia.

Non tutti abbiamo la fortuna di gestire sul suolo patrio un istituto di indagine e analisi statistica come Istat. Senza entrare troppo nel merito del perché faccio questa considerazione, ho letto da poco il Rapporto conoscenza 2018, e principalmente il capitolo 6, titolato “Gli strumenti e  le sfide per le politiche”.

Il rapporto

Alla capacità di creare conoscenza, alla sua diffusione nella popolazione e all’uso nella
vita personale e nell’economia sono associati numerosi elementi, di natura diversa, rispetto
ai quali le politiche possono avere un ruolo non trascurabile. (Fonte)

E quindi abbiamo delle voci come la creazione di occupazione qualificata (6.1) ma anche, necessariamente, la premialità dell’istruzione nelle opportunità di lavoro e di reddito (6.2). Lo stato dell’arte dell’istruzione è fondmentale per capire i bisogni di una classe dirigente artistica da formarsi, e non manca nemmeno il capitolo in merito (6.3).

Considerando la diffusione della conoscenza nella vita quotidiana delle persone, la disponibilità
e la fruibilità dell’offerta culturale e l’uso della cultura (6.4) sono strettamente
connesse. In quest’ambito, i giacimenti culturali e in particolare i siti del patrimonio
Unesco (6.5) costituiscono un asset con valenza anche economica diretta,
ma gli strumenti più consolidati sono rappresentati dalla disponibilità editoriale e la
lettura di libri (6.6).
Infine, tra gli elementi di natura sistemica, si annoverano le infrastrutture del sapere
– un buon esempio nel mondo digitale, Wikipedia (6.7), la creazione e lo sviluppo
delle imprese (6.8), in particolare negli ambiti tecnologicamente più avanzati, o
l’efficienza e la capacità formativa del sistema Universitario (6.9).

I commenti

Che dire, aspetto di finire la lettura per avere un commento sostanzioso. Già ne sto elaborando uno.

Se sui rapporti degli anni precedenti poco mi sono interessato se non per quanto riguardava gli aspetti salienti che la stampa rimbalzava, penso che quest’anno aggiungerò ai miei soliti report “privati” ottenuti da indagini sporadiche nel settore questa ulteriore panoramica.

A presto.

Il vino come manifestazione di eccellenza italica è un concetto non sempre univocamente associato a precise norme di parificazione, promozione, detenzione di competenza, eccetera.

Produttori di vino italiano approvano il Ceta

Per questo mi ha colpito oggi una notizia letta sulle agenzie stampa:

Il “settore vitivinicolo europeo sostiene il Ceta”, dichiara il segretario generale del Comitato europeo imprese del vino (Ceev, che conta Federvini tra i membri italiani) Ignacio Sànchez Recarte, alla vigilia della primo incontro del comitato Vini e alcolici Ue-Canada, istituito nell’ambito del Ceta, che avrà luogo domani. In agenda c’è la discussione su alcuni ostacoli nei canali di vendita di vini europei oltreoceano. Proprio “le disposizioni incluse nel Ceta – aggiunge Recarte – serviranno a rimediare al trattamento discriminatorio che i vini dell’Ue subiscono nel mercato canadese”. Per ottenere questo risultato, però, l’accordo va “attuato pienamente e il prima possibile”, conclude Recarte.

(fonte: Ansa)

Il Cetaceo

Per questo di fronte all’ostacolo di altre lobby, come quella del grano, del granturco, della soia (e si badi che uso “lobby” in senso neutro, senza ombra di sgradevolezza), il vino ha scelto il Ceta. Come è giusto in una dialettica che prevede una controparte avvantaggiata, i produttori di vino italiano si sentono più tutelati da questo accordo.

Non vedo una rete che potrebbe risultare proficua per entrambi, ma non essendo una materia della quale mi occupo non posso che constatare la discrepanza, prendere atto, e continuare a consumare di preferenza vino delle nostre lande.

Promozione locale

Ho parlato spesso di promozione locale e di necessità di networking, specialmente per le istituzioni artistiche. Nella questione del cibo (del “food”) come si dice in gergo, l’elemento culturale si deve necessariamente integrare con valutazioni sanitarie, ma anche agronomiche ed impreditoriali.

Se la cultura del vino è tutelata, non è detto che sia promossa, sponsorizzata. Alla fine, è un equilibrio delicato, e forse un trattato sovranazionale è soltanto percepito come un pareggio.

 

 

”La cultura del vino vale quanto il Colosseo, perché risale alle radici della nostra storia ed è oggi, come sarà nel futuro, una grande attrazione di conoscenze”. Così riportano i cronisti il discorso del Capo dello Stato alla Fis (Fondazione Italiana Sommelier).

Parliamo di vino

Devo dire che trovo apprezzabile la cultura dell’affinazione di palato che abbiamo in Italia e in Francia, in merito a vino e oli, principalmente. Il vino difeso dalla Fondazione Italiana Sommelier è certo un vino diverso da quello del produttore franciacortino, ma vorrei focalizzarmi più su queste due notizie lette su Ansa, che sulla caratura culturale endogena  del vino.

Il Valore del Tempo

Non farò però l’ingenuità di prescindere dalla retorica che aleggia intorno al vino stesso. “Il valore del tempo” è proprio il titolo di questo undicesimo Forum Internazionale della cultura del vino.

Non serve certo questo singolo episodio a certificazione di una tendenza alla valorizzazione, che è di brand piuttosto che di “cultura”, e giustamente. Queste le parole del presidente Fis:

”In oltre 30 anni di attività abbiamo lavorato perché l’Italia si emancipasse alla conoscenza di un prodotto che genera una esperienza culturale di conoscenza alla biodiversità italiana. L’insieme dei vitigni del mondo infatti rappresenta solo una piccola parte rispetto alle varietà di uve presenti dal Piemonte alla Sicilia. La conoscenza territoriale di questo prodotto, a volte demonizzato, ci deve rendere consapevoli, anche nelle aule scolastiche, di un patrimonio unico che da’ futuro all’Italia” (fonte: Ansa).

Esenti da etichetta nutrizionale

Ma la seconda notizia che mi preme riportare riguarda la normativa europea, uno dei massimi baluardi (normativi, più che intrinsecamente culturali) di DOP, DOC e pregio vinicolo: la Commissione europea ha rigettato l’idea di apporre un’etichetta nutrizionale alle bevande alcoliche.

Benché ci si esima così dalla corretta informazione del consumatore, il che aprirebbe a mio parere un dibattito su come una cultura nuova si sovrapponga alla necessaria valorizzazione di una pre-esistente.