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Il rating dei titoli italiani è stata valutata dall’agenzia di rating Moody’s un Baa3. Un’ottima notizia, perché tiene l’Italia esattamente un gradino prima dei cosiddetti titoli spazzatura, i junk bond.

Gli altri rating: un bilancio positivo

Si conferma quindi la valutazione di Standard&Poor’s, che aveva fatto ben sperare chi seguiva i titoli nostrani, con una valutazione di fine aprile un poco più generosa di Moody’s. 

Uno sguardo positivo lo aveva anche dato la Dbrs, l’agenzia canadese che è rimasta sulla linea di S&P, ma con outlook negativo.

Se consideriamo che Fitch conferma il BBB, che per l’agenzia internazionale significa, di nuovo, un passo prima del declassamento, possiamo insomma tirare un sospiro di sollievo.

Finché dura

Il rating attuale, salvo sconvolgimenti politici o planetari, dovrebbe restare valido fino ad autunno. Considerando che gli analisti sono stati in generale influenzati anche dai provvedimenti della Banca Centrale Europea, possiamo sperare in un futuro se non roseo, almeno stabile.

Possiamo quindi ringraziare, almeno per quanto riguarda il rating dei titoli italiani, il Pepp, il cosiddetto bazooka da oltre 750 miliardi di euro. Facciamo una rapidissima panoramica per riassumere in cosa consiste questo piano varato in primavera dalla BCE per rispondere alla situazione di emergenza.

In cosa consiste il bazooka

Innanzi tutto, la somma. L’ammontare totale ha superato i 750 euro, che è una cifra di carattere davvero emergenziale. Poi, la scadenza, che è stata prorogata di recente fino a fino 2020.

Ancora, un provvedimento che a quanto apre non interesserà i titoli italiani: l’acquisto di bond è stato esteso anche a quelli che sono considerati junk bond, i titoli spazzatura. 

Infine, in caso di titoli di Stato che comunque scadono: ci sarà un reinvestimento integrale del capitale rimborsato.

Possiamo quindi considerarci schermati, per ora. Nelle prossime puntate andremo a fare uno scanner economico, e meno finanziario, alla situazione italiana.

Questa è stata la valutazione fatta in sede DEF sul debito pubblico italiano. Dieci anni di conti in attivo per poterci garantire di rientrare almeno nella media europea. Per ora, questo è uno scenario molto lontano. 

Debito pubblico italiano, l’influenza del Governo

Queste sono le due autorità che incideranno maggiormente sul debito pubblico italiano. È ormai quasi un dato di fatto che il Governo avrà ancora a lungo il controllo finanziario ed economico da cui consegue il debito pubblico italiano. 

Almeno, a occhio, fino alla fine del 2020. Questa fortunatamente non è una realtà solo italiana, ma vediamo anche solo in Europa che il protezionismo dei Governi nazionali influisce pesantemente sull’economia. Un esempio tra tutti, il mega-recupero di Lufthansa da parte dello Stato tedesco.

Attenzione alle agenzie di rating

Dall’altro lato, lo scacco che possono muoverci le agenzie di rating è reale e sempre imminente. Dice il Sole 24 Ore che nella serata del 24 aprile Standard & Poor’s ha valutato con outlook negativo il BBB italiano. 

Per chi non è addetto ai lavori: le agenzie di rating danno un voto ai titoli di Stato valutandone l’affidabilità creditizia. Si inizia dalla A e si arriva alla D, il peggiore.

Diciamo che un BBB indica una certa affidabilità, e quindi le previsioni non possono essere totalmente negative. Però in momenti di incertezza è normale che gli investitori si rivolgano in prima istanza a queste agenzie di rating prima di valutare il singolo titolo con criteri autonomi.

Il Consiglio Europeo decide lentamente

I tempi della politica, si sa, a volte sono troppo lenti per far fronte alle emergenze. È quello che è successo in questo caso, con il Consiglio Europeo che non dà ai Mercati risposte univoche sui fondi che attiverà per salvare gli Stati.

Non entriamo nel merito politico di questa questione, perché poi ognuno fa le sue valutazioni ideologiche. Quello che posso dire è che, di certo, la lentezza della politica europea non sta aiutando il recupero del nostro debito pubblico, al momento.