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Robert Putnam, un rinomato politologo e sociologo americano, ha portato il concetto di capitale sociale al centro del dibattito accademico e pubblico con la sua influente opera, in particolare con il libro “Bowling Alone: The Collapse and Revival of American Community”. Putnam definisce il capitale sociale come le caratteristiche della vita sociale – reti, norme e fiducia – che consentono ai partecipanti di agire insieme in modo più efficace per perseguire obiettivi comuni. Secondo Putnam, il capitale sociale è fondamentale per la salute delle democrazie moderne e per il benessere delle comunità.

Attenzione alle differenze: capitale sociale non significa “contatto utile”

Putnam distingue due forme di capitale sociale: il capitale sociale di legame e il capitale sociale di ponte, il cosiddetto contatto utile, le “connessioni giuste”. Il capitale sociale di legame si riferisce alle connessioni strette e personali che si formano tra individui con esperienze e background simili, come familiari e amici stretti. Questo tipo di capitale sociale può fornire un supporto emotivo e materiale significativo, ma tende a essere meno efficace nel creare legami tra diversi gruppi sociali.

D’altra parte, il capitale sociale di ponte coinvolge relazioni più ampie e meno intime, che collegano individui di diverse origini sociali, economiche ed etniche. Questo tipo di capitale sociale è essenziale per la costruzione di una società coesa e inclusiva, poiché facilita la cooperazione tra diversi segmenti della popolazione. Putnam sottolinea che entrambe le forme di capitale sociale sono necessarie: il capitale sociale di legame costruisce la solidarietà interna, mentre il capitale sociale di ponte promuove l’integrazione e la coesione sociale.

Il caso Stati Uniti

Uno dei principali contributi di Putnam è la sua documentazione del declino del capitale sociale negli Stati Uniti dalla metà del XX secolo. Egli utilizza una vasta gamma di dati, tra cui la partecipazione a organizzazioni civiche, religiose e sociali, il volontariato, la partecipazione politica e altre forme di impegno comunitario, per mostrare come gli americani siano diventati progressivamente meno connessi tra loro.

Putnam attribuisce questo declino a diversi fattori, tra cui l’aumento del tempo dedicato al lavoro, il cambiamento delle strutture familiari, la suburbanizzazione, e l’influenza dei media elettronici, in particolare la televisione. Il calo del capitale sociale, secondo Putnam, ha conseguenze significative per la società, riducendo la capacità delle comunità di risolvere problemi collettivi, di sostenere istituzioni democratiche e di promuovere la fiducia e la cooperazione tra i cittadini.

Fidarsi è bene (sempre!)

Un elemento centrale della teoria del capitale sociale di Putnam è la fiducia. Egli sostiene che la fiducia tra i membri di una comunità è un componente cruciale del capitale sociale e che le reti di fiducia facilitano la cooperazione e l’azione collettiva. La fiducia può essere intesa sia come fiducia interpersonale, ovvero la fiducia che le persone hanno nelle altre persone, sia come fiducia istituzionale, ovvero la fiducia nelle istituzioni e nelle organizzazioni.

Putnam evidenzia come alti livelli di fiducia interpersonale siano associati a una serie di esiti positivi, tra cui una maggiore partecipazione civica, una migliore salute pubblica e una minore criminalità. Le comunità con alti livelli di capitale sociale tendono a essere più prospere e resilienti, poiché la fiducia facilita la cooperazione.

Una piccola lezione che forse dovremmo ricordarci più spesso!

Il Concetto di Capitale Sociale: Origine e Definizione

Il capitale sociale è un concetto fondamentale nelle scienze sociali, che si riferisce alle risorse derivanti dalle relazioni sociali e alle reti di contatti che un individuo o una comunità può mobilitare per ottenere benefici. Questo termine è stato esplorato e definito da vari filosofi, sociologi e antropologi nel corso del tempo. Tra i primi ad utilizzare il concetto di capitale sociale vi fu Pierre Bourdieu, che lo descrisse come l’insieme delle risorse attuali o potenziali legate al possesso di una rete durevole di relazioni più o meno istituzionalizzate di conoscenza e riconoscimento reciproco. Bourdieu sottolineava come il capitale sociale non fosse solo una questione di conoscenze, ma anche di riconoscimento e legittimità all’interno di una rete sociale.

Un altro importante contributo alla teoria del capitale sociale proviene da James Coleman, che lo ha considerato come una forma di capitale che esiste nelle relazioni tra persone. Coleman ha evidenziato l’importanza delle norme, delle sanzioni e della fiducia nella creazione del capitale sociale, sostenendo che questi elementi sono fondamentali per facilitare la cooperazione e il coordinamento all’interno delle reti sociali. In questo senso, il capitale sociale può essere visto come un bene pubblico che beneficia non solo gli individui che ne fanno parte, ma anche l’intera comunità.

L’Importanza del Capitale Sociale nelle Comunità

Il capitale sociale svolge un ruolo cruciale nel funzionamento delle comunità, influenzando vari aspetti della vita sociale, economica e politica. Robert Putnam, un altro studioso chiave in questo campo, ha esplorato come il capitale sociale influenzi la partecipazione civica e la qualità della vita nelle comunità. Nel suo libro “Bowling Alone”, Putnam ha documentato il declino del capitale sociale negli Stati Uniti, osservando una diminuzione nella partecipazione ad attività collettive e un calo della fiducia reciproca tra i cittadini. Egli ha sostenuto che un alto livello di capitale sociale è associato a una serie di benefici, tra cui una maggiore partecipazione civica, migliori risultati scolastici, minore criminalità e una salute pubblica migliore.

Il capitale sociale è anche fondamentale per lo sviluppo economico delle comunità. Studi hanno dimostrato che le reti sociali e le relazioni di fiducia possono facilitare lo scambio di informazioni, ridurre i costi di transazione e promuovere la cooperazione economica. Questo è particolarmente evidente nelle economie locali e nelle comunità rurali, dove le reti di relazioni personali possono compensare la mancanza di infrastrutture formali e di risorse istituzionali. Inoltre, il capitale sociale può giocare un ruolo importante nella resilienza delle comunità, aiutandole a superare crisi economiche e sociali attraverso la mobilitazione delle risorse interne e il supporto reciproco.

Critiche e Sfide del Capitale Sociale

Il concetto di capitale sociale non è stato esente da critiche. Il capitale sociale può avere effetti negativi, soprattutto quando è esclusivo o concentrato in gruppi chiusi. Ad esempio, i network sociali possono rafforzare le disuguaglianze esistenti e perpetuare il potere di gruppi dominanti, escludendo quelli che non fanno parte della rete. In questo contesto, il capitale sociale può diventare uno strumento di controllo sociale e di esclusione, piuttosto che di inclusione e coesione.

Un’altra critica riguarda la misurazione del capitale sociale. A differenza di altre forme di capitale, come quello economico o umano, il capitale sociale è difficile da quantificare e valutare. La sua natura intangibile e complessa rende difficile sviluppare indicatori affidabili e comparabili. Questa sfida è stata affrontata da vari studiosi attraverso l’uso di diverse metodologie, tra cui indagini, osservazioni etnografiche e analisi di rete, ma il dibattito su come misurare il capitale sociale continua.

Ve lo chiedo con il cuore in mano: investite, va bene, fatelo. Ma con cognizione.

Mi è capitato di recente di chiacchierare con una persona molto giovane che aveva iniziato ad interessarsi di finanza, e vista la mia ormai veneranda età ha chiesto qualche consiglio.

Quello che ho fatto io in una sorta di terapia shock è stato mostrare questo dato:

Europa:

  • FTSE MIB (Italia): +1,23%
  • CAC 40 (Francia): +1,05%
  • DAX (Germania): +0,98%
  • IBEX 35 (Spagna): +0,87%

America:

  • S&P 500 (USA): +0,75%
  • Dow Jones Industrial Average (USA): +0,68%
  • Nasdaq Composite (USA): +0,59%
  • Bovespa (Brasile): +0,42%

Asia:

  • Nikkei 225 (Giappone): +0,31%
  • Hang Seng (Hong Kong): +0,25%
  • Kospi (Corea del Sud): +0,18%
  • Sensex (India): +0,12%

A quel punto ho chiesto a questa persona che informazioni trasse da questi dati, soprattutto in termini di performance.

Non me ne voglia la persona, se mi sta leggendo: è normalissimo per chi è alle prime armi non capire ancora come interpretare questi dati.

Ma bisogna averli ben chiari in mente prima di qualsiasi anche solo velleità di investimento “vero”.

Gli indici – cose da sapere assolutamente

Primo assunto: le performance passate non sono indicative delle performance future.

Poi, come ho detto in tante, tantissime occasioni: è importante diversificare il proprio portafoglio.

Ora, vediamo almeno una descrizione base dei singoli indici.

Gli indici sono importanti perché forniscono un’istantanea delle performance di un determinato mercato o settore. Sono utilizzati da investitori, analisti e media per monitorare l’andamento delle economie e dei mercati finanziari.

Storia e spiegazione dei principali indici finanziari

Indici Europei

  • FTSE MIB (Italia): Creato nel 1983, è l’indice principale della Borsa Italiana. Include i 40 titoli più liquidi e capitalizzati del mercato italiano.
  • CAC 40 (Francia): Creato nel 1987, è l’indice principale della Borsa di Parigi. Include i 40 titoli più capitalizzati del mercato francese.
  • DAX (Germania): Creato nel 1988, è l’indice principale della Borsa di Francoforte. Include i 30 titoli più capitalizzati del mercato tedesco.
  • IBEX 35 (Spagna): Creato nel 1987, è l’indice principale della Borsa di Madrid. Include i 35 titoli più liquidi e capitalizzati del mercato spagnolo.

Indici Americani

  • S&P 500 (USA): Creato nel 1957, è uno degli indici più importanti del mondo. Include i 500 titoli più capitalizzati del mercato azionario americano.
  • Dow Jones Industrial Average (USA): Creato nel 1896, è il più antico indice azionario americano. Include i 30 titoli più importanti del mercato americano.
  • Nasdaq Composite (USA): Creato nel 1971, è l’indice principale del Nasdaq Stock Market. Include tutti i titoli quotati al Nasdaq.
  • Bovespa (Brasile): Creato nel 1968, è l’indice principale della Borsa di San Paolo. Include i titoli più liquidi e capitalizzati del mercato brasiliano.

Indici Asiatici

  • Nikkei 225 (Giappone): Creato nel 1949, è l’indice principale della Borsa di Tokyo. Include i 225 titoli più capitalizzati del mercato giapponese.
  • Hang Seng (Hong Kong): Creato nel 1969, è l’indice principale della Borsa di Hong Kong. Include i 50 titoli più capitalizzati del mercato di Hong Kong.
  • Kospi (Corea del Sud): Creato nel 1983, è l’indice principale della Borsa di Seul. Include i 200 titoli più capitalizzati del mercato coreano.
  • Sensex (India): Creato nel 1986, è l’indice principale della Borsa di Bombay. Include i 30 titoli più capitalizzati del mercato indiano.

Come funzionano gli indici

Gli indici finanziari sono calcolati utilizzando diverse metodologie, come la capitalizzazione ponderata, secondo la quale i titoli con la capitalizzazione di mercato più alta hanno un peso maggiore nell’indice.

C’è anche l’indice ponderato sui prezzi, dove i titoli con il prezzo più alto hanno un peso maggiore nell’indice.

Sembra facile?

Forse.

Ma non lo è affatto.

Quindi, continua a studiare, o meglio trova un consulente finanziario che ti sappia affiancare in queste decisioni, che vanno ponderate con una scelta accuratezza, dato che in fondo è dei tuoi risparmi che si parla.

La Cappadocia è una regione situata al centro dell’Anatolia, in Turchia, nota per i suoi paesaggi unici, le sue città sotterranee e le sue case scavate nella roccia. L’origine del nome “Cappadocia” si pensa derivi dal termine persiano “Katpatuka”, che significa “terra dei cavalli belli”, a testimoniare l’importanza della regione come centro di allevamento di cavalli fin dai tempi antichi. La sua posizione geografica, situata su importanti rotte commerciali, ha reso la Cappadocia un crocevia di culture, commerci e influenze tra l’Est e l’Ovest.

La Cappadocia durante la Preistoria

Nel periodo preistorico, la regione era abitata da popoli indigeni che lasciarono le prime tracce di insediamenti. Furono gli Ittiti a colonizzare per la prima volta con insediamenti stabili la Cappadocia, nel II millennio a.C.

Dopo il declino degli Ittiti, l’ascesa dei Persiani, e la Cappadocia venne annessa al vasto Impero Achemenide. Con la conquista di Alessandro Magno divenne regno ellenistico, per poi passare sotto il controllo romano. Durante il periodo romano e bizantino, la Cappadocia acquisì grande importanza come centro religioso e monastico, come testimoniano le splendide chiese rupestri decorate con affreschi bizantini.

Geografia della Cappadocia

La Cappadocia è caratterizzata da formazioni rocciose dette “camini delle fate”, è il risultato di processi vulcanici seguiti da erosioni. Questo paesaggio lunare non solo ha affascinato viaggiatori e conquistatori ma ha anche offerto rifugio e protezione agli abitanti locali nel corso dei secoli. Le città sotterranee, come quella di Derinkuyu, potevano ospitare migliaia di persone ed erano dei perfetti rifugi in tempi di invasioni.

Le invasioni turche e mongole e il post

Durante il periodo medievale la regione fu testimone di invasioni da parte di Selgiuchidi e Mongoli, finché non fu annessa all’Impero Ottomano. Sotto il dominio ottomano la Cappadocia continuò a essere un importante centro di commercio e cultura, cosa che è valsa fino ad oggi.

A chi non è mai capitato di intavolare un dibattito fervente su quale sia il confine oltre il quale si scavalla nel disturbo mentale?

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, Quinta Edizione (DSM-5), rappresenta il punto di riferimento più autorevole e ampiamente utilizzato per la classificazione e la diagnosi dei disturbi mentali. 

Cos’è il DSM-5

Pubblicato per la prima volta nel 1952 dall’American Psychiatric Association (APA), il DSM ha subito numerose revisioni, con l’ultima, la quinta edizione, pubblicata nel 2013. Lo usano psichiatri, psicologi, assistenti sociali e altri professionisti della salute, dato che fornisce una lingua comune e criteri standardizzati per la diagnosi dei disturbi mentali.

Sebbene non sia obbligatorio, viene comunque considerato l’unità di misura per tutti i professionisti che ho elencato sopra.

Il DSM-5 è il risultato di oltre una decade di lavoro preparatorio, ricerche e ampie consultazioni con esperti nel campo della psichiatria e della psicologia. Il processo di revisione ha incluso una riconsiderazione completa delle categorie diagnostiche esistenti, l’aggiunta di nuove diagnosi e la modifica dei criteri diagnostici per riflettere meglio la comprensione attuale della salute mentale. 

Tra le modifiche più importanti rispetto al passato abbiamo la ristrutturazione delle categorie diagnostiche per riflettere meglio un continuum di disturbi, piuttosto che classi distinte, evidenziando così la natura spesso sfumata dei disturbi mentali.

Il DSM-5 copre un ampio spettro di disturbi mentali, suddivisi in categorie che includono disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi psicotici, disturbi alimentari, disturbi della personalità e molti altri. Per ogni disturbo, il manuale fornisce un insieme di criteri diagnostici che devono essere soddisfatti, insieme a note descrittive e linee guida per aiutare i clinici a fare diagnosi accurate. Inoltre, il DSM-5 introduce il concetto di dimensioni e gradi di severità per alcuni disturbi, consentendo ai clinici di valutare la gravità e il livello di disfunzione del disturbo.

Disturbi maggiori e minori

Un’altra novità importante del DSM-5 è l’introduzione dei Disturbi Neurocognitivi Maggiori e Minori. Questa distinzione ha molto senso perché tiene conto dell’impatto delle condizioni neurologiche sul funzionamento cognitivo e comportamentale. Neurologia e psichiatria sono spesso strettamente connesse e i sintomi cognitivi vanno spesso valutati nell’ambito dei disturbi mentali.

Il DSM-5 ha anche affrontato la questione del sovradiagnosi e del sovratrattamento di alcuni disturbi, in particolare nei bambini. Ad esempio, è stata introdotta una nuova diagnosi di “Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) nell’adulto”, riconoscendo che l’ADHD può persistere nell’età adulta e che i criteri diagnostici devono essere adattati per riflettere le manifestazioni del disturbo in questa popolazione.

Critiche più comuni

Nonostante la sua ampia accettazione e utilizzo, il DSM-5 non è esente da critiche. Alcuni professionisti del settore hanno sollevato preoccupazioni riguardo alla patologizzazione di comportamenti e condizioni normali, ai conflitti di interesse tra gli autori del manuale e l’industria farmaceutica, e alla mancanza di sufficiente base empirica per alcuni dei nuovi disturbi e criteri diagnostici introdotti.

Come sempre, la scienza è in fieri. Per il momento, la tappa più avanzata e collettivamente condivisa a cui siamo arrivati è questa.

Che tu sia una giovane promessa o un habitué di grossi investimenti, la finanza può risultare ostica. Capire i concetti semplici non è impossibile, ma capirli a fondo, e trovarsi nella corrispondenza d’amorosi sensi giusta per iniziare a prendersi dei rischi, è ben più diverso.

Per iniziare ad investire in Italia oggi è necessario seguire alcuni passaggi ineliminabili.

Innanzitutto, per chi è proprio digiuno, aggiungo che dotarsi di un broker è indispensabile per operare sui mercati finanziari. 

Ma anche se si è già scelto il proprio intermediario bancario, acquisire una buona educazione finanziaria è fondamentale. 

Questo include comprendere i principi degli investimenti, i vari strumenti finanziari disponibili e i rischi associati. Una volta acquisita una base solida, è importante definire gli obiettivi finanziari personali a breve, medio e lungo termine e valutare la propria tolleranza al rischio

Non tutti vogliono rischiare con la propria finanza personale.

Ecco perché solo un’attenta ponderazione del rischio che sei disposto a correre potrai scegliere gli strumenti di investimento più adatti.

Il broker

La scelta di un broker è un passo cruciale nel processo di investimento. In Italia, sia le piattaforme di trading online che le banche offrono servizi di brokerage, consentendo l’accesso ai mercati finanziari. La selezione di un broker dovrebbe basarsi su diversi fattori, tra cui le commissioni e i costi di transazione, l’usabilità della piattaforma, l’affidabilità e la sicurezza, la qualità del servizio clienti e la disponibilità di strumenti di analisi e formazione.

Una volta selezionato il broker, si procede con l’apertura di un conto di trading, fornendo la documentazione necessaria per l’identificazione e accettando i termini di servizio. Il passo successivo è il deposito dei fondi nel conto, che permette di iniziare ad acquistare titoli. La pianificazione di una strategia di investimento è fondamentale, decidendo se adottare un approccio attivo, selezionando personalmente i titoli, o passivo, puntando su fondi indicizzati o ETF per replicare l’andamento di un indice di mercato.

Come iniziare (concretamente)

Mi rivolgo a chi si sente particolarmente spavaldo e opta per il fai-da-te: l’acquisto avviene tramite la piattaforma del broker, dove è possibile selezionare gli investimenti e piazzare ordini al mercato o limitati a un prezzo specifico. Il mio consiglio molto molto di massima è quello di regolarmente il tuo portafoglio e, se necessario, apportare modifiche per mantenere l’allineamento con gli obiettivi finanziari e la tolleranza al rischio.

Ma prima di ogni altra cosa: informati sulla normativa!

In Italia, gli investimenti sono soggetti a una normativa e a una tassazione specifiche, con le plusvalenze tassate separatamente, attualmente al 26% per la maggior parte degli strumenti finanziari. È consigliabile informarsi adeguatamente su questi aspetti, anche con l’aiuto di un consulente fiscale.

Ma ho un ultimo consiglio, che sicuramente non ti aspettavi:

Non essere sprovveduto.

La finanza non è un giochino da replicare perché ha l’allure del successo e perché nei film sembra facile.

Investire richiede un approccio ponderato e informato. Sembra facile investire – e l’atto in sé lo è – ma senza una solida informazione di base, si rischia.

Meglio viaggiare informati!

Il metodo Monte Carlo è una tecnica matematica che consente di risolvere problemi numerici attraverso la simulazione di variabili casuali. 

Questo metodo è ampiamente utilizzato in vari campi, come la finanza, la fisica, l’ingegneria, la statistica e l’informatica, per citarne alcuni. Il nome “Monte Carlo” è stato ispirato dalla città di Monaco, famosa per i suoi casinò, riflettendo l’elemento di casualità al centro di questo metodo.

Principi fondamentali

Il metodo Monte Carlo si basa su principi di statistica e probabilità per stimare valori sconosciuti o per simulare il comportamento di sistemi complessi che sono difficili o impossibili da modellare con precisione attraverso equazioni deterministiche. Al cuore di questo metodo c’è la generazione di un grande numero di esiti casuali per un processo, che vengono poi analizzati statisticamente. In finanza usiamo il metodo MonteCarlo nella valutazione del rischio e nella modellazione di prezzi di derivati. Ma è anche usato in meccanica statistica e fisica nucleare, per esempio, per simulare il comportamento di particelle subatomiche o per calcolare integrali complessi in dimensioni elevate.

Ma è un metodo usato anche in matematica e in altre scienze, per calcolare approssimazioni di integrali difficili da risolvere analiticamente.

Capire il futuro con la casualità

Il funzionamento base del metodo Monte Carlo può essere descritto con questa frase, che va a cavallo tra i Baci Perugina e la loro filosofia spiccia, e alcune grandi riflessioni sulla casualità che le grandi menti hanno prodotto. 

In sostanza, il metodo Monte Carlo parte dalla definizione del problema, tramite anche identificazione delle variabili coinvolte.

Il segreto del funzionamento del metodo è la simulazione del futuro attraverso la generazione di un grande numero di scenari per il problema, utilizzando numeri casuali per rappresentare le variabili di interesse.

C’è poi la fase più dura, quella del calcolo – da cui gli studiosi a vocazione umanista spesso rifuggono.

Eppure eseguire i calcoli necessari per ogni scenario simulato è fondamentale – altrimenti il metodo sarebbe una pseudodottrina pronta a crollare al primo confronto con la realtà..

Il suo vantaggio principale è la flessibilità, dato che viene usato non solo nei campi che ho citato sopra, ma anche in matematica, ingegneria, fisica…

Certo, non dobbiamo dimenticarci che come tutti i sistemi che richiedono uno sforzo computazionale, anche il metodo Montecarlo ha dei limiti: chi ha la capacità di calcolo, il tempo e lo spazio per mettersi a prevedere tutti gli scenari casuali possibili?

Il fraseggio musicale è l’arte di modellare le frasi musicali in un modo che renda la musica espressiva e significativa. È il tocco personale che un musicista o un cantante aggiunge a una composizione per interpretarla in modo unico, esattamente come un oratore usa differenti toni e pause per dare enfasi al proprio discorso.

Il fraseggio si riferisce alla maniera in cui vengono articolate le note e le frasi in un pezzo musicale. Abbiamo quindi l’uso della dinamica, del ritmo, del timbro e dell’articolazione: tutto serve a trasformare una serie di note da una semplice sequenza di suoni in una narrazione emotiva e coinvolgente.

Concetti di base

Innanzi tutto, uno semplice: la dinamica.

La dinamica è l’uso di volume variabile, da piano a forte, aiuta a creare tensione e rilascio, e a sottolineare parti importanti di una frase musicale.

Modificare leggermente il ritmo, poi, attraverso l’uso di rubato o altri mezzi, può aggiungere un senso di spontaneità e espressione.

Che cos’è il rubato in musica

Il termine “rubato” in musica si riferisce a una tecnica espressiva che coinvolge la manipolazione flessibile del tempo. Il rubato implica “rubare” del tempo da una nota o un gruppo di note e poi “restituirlo” altrove all’interno della frase musicale. Questa tecnica è usata per aggiungere espressività e pathos alla musica, permettendo ai musicisti di interpretare una composizione in modo più personale e emotivo.

Sebbene il rubato possa essere trovato in varie forme in molta musica, è spesso associato alla musica romantica. Compositori come Chopin, Schumann e Liszt hanno spesso impiegato questa tecnica nelle loro opere.

Tornando ai concetti di base del fraseggio, abbiamo l’articolazione: qui, l’attacco e il rilascio delle note, tramite staccato, legato e altri metodi, contribuisce a definire il carattere di una frase.

C’è infine il timbro: Il colore tonale e la qualità del suono possono essere adattati per aggiungere espressione e atmosfera.

Importanza del fraseggio nella performance

Il fraseggio è essenziale in ogni performance musicale. Un buon fraseggio può illuminare la struttura interna di un pezzo, evidenziando il dialogo tra diverse voci musicali e svelando la visione emotiva del compositore. I grandi musicisti sono spesso riconosciuti per la loro capacità di fraseggiare in modo convincente, dando nuova vita a pezzi noti.

Ma il fraseggio è anche una questione di interpretazione personale. Diversi musicisti possono eseguire lo stesso pezzo in modi molto diversi, a seconda di come scelgono di fraseggiare. Questo aspetto del fraseggio permette ai musicisti di esprimere la loro individualità e di comunicare direttamente con l’ascoltatore.

Federico II di Hohenstaufen, noto anche come Federico II o Federico il Grande, è stato uno dei sovrani più influenti e complessi del Medioevo europeo. La sua vita e il suo regno sono caratterizzati da numerosi fatti importanti da ricordare, che spaziano dalla sua nascita alla sua eredità duratura.

L’Imperatore del Sacro Romano Impero e Altre Corone

Federico II divenne imperatore del Sacro Romano Impero nel 1220, succedendo a suo padre Enrico VI. Tuttavia, la sua ascesa al potere non si limitò a questo titolo. Prima di diventare imperatore, aveva già regnato come re di Sicilia dal 1198 e come re di Gerusalemme dal 1225. Queste posizioni gli conferirono un’influenza significativa nel Mediterraneo e nel contesto delle Crociate.

Il suo regno in Sicilia fu particolarmente notevole per la sua politica di tolleranza religiosa e per la promozione di un governo centralizzato basato sulle leggi romane. Questo periodo è noto come la “Sicilia Sveva” e ha lasciato un’impronta indelebile sulla cultura e sulla giustizia nell’isola.

Il Mecenate della Scienza e il Conflitto con la Chiesa

Federico II fu non solo un sovrano politico ma anche un mecenate delle arti e delle scienze. Scrisse un trattato sulla falconeria, evidenziando il suo interesse per la caccia con gli uccelli rapaci, e fu autore di opere scientifiche, tra cui “De arte venandi cum avibus” (“Sull’arte della caccia con gli uccelli”). Quest’opera è uno dei primi testi europei sull’ornitologia e testimonia la sua passione per la conoscenza.

Tuttavia, il regno di Federico II fu anche caratterizzato da conflitti con la Chiesa cattolica, in particolare con il Papa Gregorio IX. Questi conflitti erano spesso legati alla sua politica di centralizzazione del potere e alla sua sottomissione alla Chiesa. Le tensioni culminarono in scomuniche e controversie che caratterizzarono gran parte del suo regno.

L’eredità principale di Federico II? Chi può dirlo. Il suo contributo alla scienza e alla cultura, oltre a una serie di conflitti storici che hanno lasciato un segno indelebile nella storia europea, molto probabilmente. Di sicuro è una figura affascinante – e tutt’oggi molto dibattuta.

Ho sempre trovato sciatto schierarsi nelle battaglie in cui la presa di una posizione possa implicare campanilismo. Ecco perché nel caso Favino di cui tutti stanno parlando devo spiegare la mia posizione, che è totalmente dalla parte di Favino.

Tutta politica

Purtroppo una parte delle mie motivazioni è eminentemente campanilistica: la scuola di doppiaggio, regia, recitazione e in generale cinema e teatro italiano è d’eccezione. Trovo che sia un gesto politico l’ignorarla.

Una sorta di tentativo di emancipazione, della serie “siamo diventati grandi noi cinemasti-americani e attori americani, spacchiamo il mondo e siamo famosi ovunque. Tutti ci emulano. Non abbiamo più bisogno di tributare onori a vecchie cariatidi del passato, per quanto talentuose”. Un adolescente che impara a prendere i treni da solo, e pensa che i genitori siano oramai inutili.

Ed ecco che già in House of Gucci Invece di usare attori italiani sono stati usati attori americani che fingono in modo pessimo e affettato un accento italiano.

Però vorrei spostare la valutazione dall’Italia e ampliarla. Perché non rendere il cinema un luogo di scambio artistico, invece che un’espressione unicamente campanilista?

Perché di campanilismo, guardiamoci in faccia e diciamolo apertamente, ce n’è da ambo le parti.

Sfumature artistiche

Intendo: Siete davvero così forti da potervi permettere di ignorare le infinite sfumature artistiche che conferisce al vostro film un attore madrelingua? 

Mi ricordo il monologo comico di un’attrice greca che diceva di essere stata rifiutata al cast di Troy perché “non sembrava abbastanza greca”.

Non ho modo di ricordarmi il nome dell’attrice comica, spero non vi dispiaccia la citazione monca. 

Però questo è emblematico! 

Stai facendo Troy o stai facendo un bel film? 

Ecco perché Favino ha tutto il mio appoggio, per quello che possa servire.