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Che cos’è il teatro orgiastico se lo ricorda forse chi ha la mia età.

Erano i fervidi anni ‘70, quando la cultura teatrale sfociava dal suo avanguardismo ormai consolidato a forme di teatro spontanee, ma anche ritualistiche, spesso portate alla sperimentazione più estrema. Una di queste sperimentazioni più border line è quella messa in atto all’epoca – ma anche oggi – da Hermann Nitsch.

Chi era Hermann Nitsch

Venuto a mancare da poco, Nitsch fu pioniere dell’Azionismo viennese e popolò delle proprie performance controverse diversi teatri di tutta Europa, ma non solo. Concretamente si adoperò in diversi campi dell’arte, in linea con la sua idea di opera d’arte totale. Era infatti pittore, grafico, scenografo, scrittore e compositore.

Nelle sue performance sacrifici di animali, ferite, nudità, interiora lasciate all’aria aperta, contatti proibiti tra persone, oggetti e corpi. Quando nella Nascita della Tragedia di Nietzsche si legge la caratterizzazione dell’orgia bacchica, non si può che pensare a questa dimensione contemporanea che fu in grado di darle Nitsch con le sue performance. 

Non si contano le polemiche che il suo genere di spettacoli scatenava, all’epoca e anche oggi. Soprattutto in Italia.

Nonostante tutto, l’artista viennese aveva proprio privilegiato la nostra penisola per la propria arte, avendovi riscontrato un’apertura mentale ed artistica che nella sua Vienna non era stato in grado di percepire.

Esattamente negli stessi giorni, in Biennale dell’Arte a Venezia gli viene dedicata una mostra alle Officine 800 in Giudecca.

Teatro delle Orge e dei Misteri

Già l’accenno a Orge e Misteri dovrebbe farci suonare diversi campanelli di riferimento all’antichità classica. In sostanza, il teatro che Hermann Nitsch portava avanti (Orgien Mysterien Theater) ospitava performance di più giorni, sempre connotate da un’aura di grandiosità e di introspezione, a detta dei commentatori.

Il teatro era stato realizzato nel 1971 all’interno del castello di Prinzendorf in Bassa Austria, e l’ultima performance di più giorni era stata realizzata nel 1998. Proprio quest’anno si sarebbe dovuta riproporre una replica di quell’evento, durante l’estate.

Come vedere l’operato di Hermann Nitsch

Abbiamo un museo a Napoli, aperto nel 2008 dal gallerista Giuseppe Morra.

Invece la mostra in Biennale dell’Arte si intitola “20. malaktion” ed è gestita da Zuecca Projects.

La mostra raccoglie e ripropone la performance al Wiener Secession nel 1987 e consiste in 52 opere di painting action, tra cui il dipinto più grande che l’artista abbia mai realizzato durante la sua carriera – di 20 metri di lunghezza.

Mi è stato detto da una persona amica che sarebbe opportuno fare una piccola guida con qualche indicazione per i giovani investitori, o in ogni caso per chi si affaccia per la prima volta all’affascinante mondo della finanza.

Premetto che non sto elargendo verità assolute e non ho pretese manualistiche, ma voglio solo provare a dare un’infarinatura a chi è ancora digiuno da stock, azioni, obbligazioni e altri termini simili.

Le frodi

Invece di impostare questa miniguida come un glossario, mi sembra più saggio concentrarmi su un problema molto ricorrente: le frodi.

Se ricevi una promozione azionaria non richiesta, sii prudente.  Chiunque stia promuovendo l’azione potrebbe trarre profitto a tue spese gonfiando il prezzo dell’azione e poi vendendo le azioni.  I truffatori spesso usano tecnologie o industrie emergenti – comprese le offerte iniziali di monete (ICO) e i beni digitali – per attirare gli investitori come parte di uno schema fraudolento o manipolativo. Per esempio, possono annunciare pubblicamente uno sviluppo che è destinato a influenzare il prezzo delle azioni di una società. Oppure possono promuovere una società che sostiene di sviluppare prodotti o servizi relativi alle ultime notizie o tendenze.

Attenzione alle azioni microcap

Le informazioni disponibili al pubblico sui titoli microcap (titoli a basso prezzo emessi dalle società più piccole), compresi i penny stock (i titoli a prezzo più basso), spesso sono scarse.  Questo rende più facile per i truffatori diffondere informazioni false. Inoltre, è spesso più facile per i truffatori manipolare il prezzo delle azioni microcap perché le azioni microcap sono storicamente meno liquide delle azioni di società più grandi e spesso non sono scambiate su una borsa valori nazionale. 

Come accorgersi della frode

Ad esempio, il truffatore potrebbe raccomandarti di comprare azioni. Se le azioni della società sembrano essere promosse più pesantemente dei suoi prodotti o servizi, allora c’è un problema.

Inoltre, diffida di chi non ha dietro alcuna operazione commerciale reale: in alcuni casi i penny stock che sono promossi in modo aggressivo possono essere titoli di società di comodo dormienti. 

Altro fattore a cui prestare attenzione: l’aumento inspiegabile del prezzo delle azioni o del volume degli scambi, oppure la sospensione del trading da parte di organismi di controllo.

Anche, i frequenti cambiamenti nel nome della società o nel tipo di attività, o nella ragione sociale.

Nel nostro percorso etno-archeologico per cercare di capire da dove provenga la tradizione dei sacerdoti di Diana del bosco di Nemi (antica usanza italica) abbiamo fatto diversa strada.
Abbiamo visto ad esempio il ruolo di potere e magia, intesa sia come superstizione che come naturale evoluzione religiosa.
Questo perché la fusione tra potere temporale e potere spirituale è successa a varie latitudini in varie epoche storiche, non solo nel bosco di Nemi dedicato a Diana, da cui ha origine il cruento rituale dell’uccisione del re sacerdote da parte del futuro sacerdote.
Quindi, è un re-mago-politico?
Non potrebbe il re del Bosco avere avuto un’origine simile a quella che una verosimile tradizione indica per il re sacrificale di Roma e il re titolare di Atene?
O meglio, i suoi predecessori non avrebbero potuto appartenere a un antico re-sacerdote, che una rivoluzione repubblicana avesse poi spogliato del potere politico, lasciamo solo le mansioni religiose e l’ombra della corona?
La risposta secondo me è negativa.
Un re del bosco
Se i predecessori del sacerdote nel bosco di Nemi fossero stati re, lui avrebbe dimorato nella città dove gli è stato tolto lo scettro, quindi Aricia. Ma abbiamo detto che Ariccia sorgeva a oltre 5 km dal suo santuario nella foresta accanto alla sponda del lago.
Se regnava, non regnava in città, ma regnava nel bosco.
Era probabilmente un re legato a una tradizione naturale, quella del bosco, da cui prende il nome. Quindi è improprio accostare questo tipo di divinità ai monarchi di cui ho parlato precedentemente, il cui controllo sulla natura è generico e non specifico. Ci sono invece nella storia di diversi popoli dei Re legati a fenomeni naturali. In particolare, nella tradizione ariana troviamo spesso il culto degli alberi con un ruolo di primo piano.
La cosa non deve stupirci perché in Inghilterra, in Germania e nel nord Italia le regioni erano interamente coperte da boschi: se ricordiamo Livio parlava delle tremende sterminate selve germaniche. Anche la greca Arcadia era nota per le sue splendide popolazioni montane di alberi. Grimm giunse alla conclusione che fra gli antichi Germani i santuari erano probabilmente le foreste.
Ci sono le Sacre Querce dei druidi tra le genti celtiche e il loro antico termine per indicare un santuario è identico al termine latino nemus, che sopravvive nel toponomastico Nemi.
Vietato strappare l’albero sacro
Chiunque strappava un ramo o una parte dell’albero nelle popolazioni germaniche veniva sottoposto a durissime punizioni .
Oppure ancora nel santuario di Asclepio a Coo era vietato abbattere i cipressi, pena un’ammenda di 1000€; ma anche nel foro di Roma il fico ruminale sacro a Romolo fu venerato fino all’epoca imperiale. Quando il suo tronco si seccò, tutta la città ne rimase fortemente dispiaciuta. Diverse popolazioni, soprattutto quella dei nativi americani, ritenevano che uccidere un albero fosse altrettanto colpevole che uccidere un animale.

Ecco che i contorni dei re-sacerdoti della foresta di Nemi si fanno pian piano più chiari.

Abbiamo visto come la magia fosse una forma di controllo sociale e controllo divino. Dalla magia la comunità umana è poi culturalmente transitata verso la religione, che introduce l’ulteriore passaggio dell’intercessione con il Dio per ottenere ciò che per l’uomo è più utile. A metà strada in questa intercessione si possno trovare alcune figure soprannaturali a metà tra uomo e Dio, che grazie alla loro potenza superiore possono meglio aiutare gli uomini nella loro intercessione.

Vediamo meglio di cosa si tratta.

Semidei

Per un buon selvaggio le forze della natura non sono oggetto di timore, né possono costringerlo o imprigionarlo: conoscendo le giuste leggi e studiandole, egli sale sul piedistallo dell’uguaglianza ed è mediamente in grado di controllare le forze soprannaturali. La magia è più democratica della religione, a mio parere, proprio per questo aspetto.

Via via che il suo antico senso di parità con gli dei svanisce, il selvaggio rinuncia però alla speranza di poter gestire il corso della natura con le sue forze; l’uomo si tende a rivolgere sempre più agli dei come unici depositari di quei poteri soprannaturali che un tempo condivideva. 

Dalla magia alle preghiere e sacrifici, tipici della religione

Ecco che man mano che la conoscenza progredisce, le preghiere e sacrifici assumono un ruolo di primo piano mentre la magia viene relegata alla negromanzia. La magia incontra l’opposizione dei sacerdoti, la cui reputazione e influenza aumentano o diminuiscono con quella del concetto di dei. 

Quando finalmente – in epoca successiva – emerge la differenza tra religione e superstizione, vediamo come la porzione più illuminata della società si rivolga al sacrificio e alla preghiera, mentre la magia resta il rifugio dei superstiziosi e degli ignoranti. 

A un certo punto della storia – però – la magia torna in auge e grazie all’alchimia conduce alla chimica, e quindi alla scienza. I semidei sono figure bizzarre e non facilissime da spiegare, forse derivazione della naturale transizione da stregone e mago a dio/re. 

Cosa intendiamo con “dei”

Ovviamente, dobbiamo togliere le complesse astrazioni che attribuiamo oggi al termine “dio” e pensare a come questo veniva concepito nell’antichità. Le nostre idee sugli dei sono frutto di una lunga evoluzione intellettuale morale, a cui il selvaggio è così estraneo da non poterle comprendere nemmeno quando gli vengono spiegate. 

L’origine di questi dei può essere sia umana, sia divina, sia entrambe come nell’antica Grecia. Come esempi di dei dall’origine umile abbiamo in India due dei umanizzati molto noti, uno che inizia la sua esistenza terrena come sbiancatore di cotone, l’altro come figlio di un falegname.

Nelle comunità primitive questi dei incarnati sono molto comuni, e manifestano la propria natura operando dei miracoli per dimostrare ciò che sono al resto della comunità.

Fa parte della categoria del semidio anche il sacerdote oracolare dell’antica Grecia. È un umano per natura ma che viene occasionalmente impersonato dal dio.

Tutto questo racconto ci serve a identificare un certo tipo di figura ben precisa, che esisteva nell’antichità, e che troveremo poi nelle religioni monoteiste.

La magia in molti luoghi e etnie diverse ha sostenuto di poter dominare le grandi forze della natura creando benefici per gli uomini che la praticavano nella maniera corretta. Se così è stato, chi praticava l’arte magica era un personaggio importante e influente, in una società che nutriva piena fiducia nelle sue stravaganti affermazioni. 

Non ci sarebbe da meravigliarsi se alcuni di questi infallibili maghi avessero raggiunto una posizione di massima autorità, ad esempio assurgendo al rango di capi e sovrani. 

Manca la pioggia? Colpa del re

In diverse popolazioni antiche, se c’era penuria di pioggia e se i campi rimanevano infertili, veniva incolpato il sovrano e lo si destituiva o uccideva. 

In molte parti del mondo infatti il sovrano è responsabile del buon andamento della natura, e come ci insegna il testo “I re taumaturghi”, Anche i sovrani di Francia sostenevano di possedere le stesse virtù terapeutiche di san Luigi, che Clodoveo aveva ereditato, mentre il sovrano inglese le aveva ereditate da Edoardo il Confessore.

Allo stesso modo i capi selvaggi di Tonga guarivano dalla scrofola e dal fegato indurito con un tocco del piede: una cura basata sull’idea che la vicinanza con anche solo un oggetto o una infima parte del corpo del sovrano potesse omeopaticamente curare il male.

È arrivata poi la rivoluzione non solo sociale e tendente a una forma di governo meno oligarchica e più distribuita, come diremmo oggi democratica, che poi a varie latitudini e a più riprese sfocia nel dispotismo. 

Insieme ad essa anche la cultura è cambiata, sostituendo gradualmente la religione alla magia. Il mago cede il passo al sacerdote, che rinunciando l’idea di regolare direttamente il corso della natura a vantaggio dell’uomo, cerca di raggiungere lo stesso scopo tramite l’intercessione del Dio attraverso la preghiera. 

I sovrani politici beneficiano in realtà di tale concezione perché sebbene il contatto con il Dio si verifichi dopo la morte, si sostiene che esistano alcune persone ultra dotate in grado di concretizzare tale contatto anche nell’al-di-qua.

Ma chi sono questi dei incarnati?

Perché il sacerdote a Nemi era chiamato il re del Bosco?

Perché si definiva regale la sua carica?

Anticamente, l’abbinamento di un titolo regale agli emblemi sacerdotali era usanza comune sia in Italia che in Grecia.

A Roma e in altre città laziali il sovrane era anche responsabile dei sacrifici. Sua moglie aveva il titolo di Regina dei sacri riti. In diverse entità governative antiche iI magistrato annuale dello Stato era chiamato il re, e sua moglie la regina.

Entrambi svolgevano mansioni religiose. Sempre in Grecia, molte altre democrazie avevano titolari con mansioni, per quanto ne sappiamo, di carattere religioso, tutte riguardanti il focolare pubblico dello Stato.

Vari stati Greci avevano molti di questi sovrani titolari contemporaneamente in carica, addirittura.

Una teoria analoga circa l’origine dei re-sacerdoti prevaleva a quanto sembra anche in Grecia – è una teoria non improbabile, che vediamo anche nell’esempio di Sparta, l’unico stato Greco che mantenne una forma monarchica di governo. 

A Sparta le funzioni sacrificali erano prerogativa dei Re in qualità di discendenti degli Dei: uno dei due sovrani di Sparta manteneva la carica del sacerdozio di Zeus Lacedemone, l’altro di Zeus Celeste. Questa combinazione della funzione sacerdotale con l’autorità regale è piuttosto comune, al punto che in Asia minore ad esempio esistevano vari grandi centri religiosi il cui comando ricadeva su Pontefici che detenevano a un tempo il potere temporale e quello religioso, come i Papi della Roma medievale.

Ai tempi del paganesimo inoltre i sovrani Teutonici ricoprivano anche il ruolo di sommi sacerdoti esercitando il potere temporale e religioso insieme, di nuovo.

L’imperatore della Cina celebrava sacrifici pubblici le cui norme erano minuziosamente regolate dei libri rituali. Anche il re del Madagascar era sommo sacerdote nel regno.

Tutti conosciamo il ruolo taumaturgico dei re, che va oltre il semplice raccontino mitico e si declina in tutta una serie di convinzioni popolari molto radicate. Re sacerdoti e sacerdoti re sono figure che si compenetrano, e nelle quali verifichiamo una diversa dominanza di una delle due figure, ma sempre una certa interdipendenza.

Ci è concesso analizzare scientificamente la magia?

Qualcuno ci ha provato, identificando due principali criteri quando si parla di magia. Il primo è che il simile genera il simile, ovvero l’effetto somiglia alla causa.

Il secondo è che le cose  che sono entrate in contatto reciproco una volta continueranno poi a replicare tale contatto. Nel primo caso abbiamo la magia imitativa, nel secondo la magia che potremmo chiamare contagiosa (spieghiamo meglio con degli esempi).

Il mago ritiene che gli stessi principi che applica nella pratica della sua arte regolino l’attività della natura inanimata. In altri termini parte dal basso, con il presupposto che le leggi magiche siano delle pseudo norme che si possono applicare universalmente e non siano limitate alle azioni umane.

Magia come protoscienza

La magia è un sistema spurio di legge naturale e una fallace guida di condotta, insomma una falsa scienza, o meglio una “protoscienza”.

La bambolina voodoo

Ad esempio la fabbricazione di una bambolina voodoo a somiglianza di una persona che si desidera colpire infilzando il fantoccio con lo spillone è un esempio di magia imitativa. La bambolina assomiglia in qualche modo al nostro nemico giurato.

Se a questa bambolina voodoo vengono aggiunti nei capelli della vittima oppure dei suoi dati personali, si tratta di magia contagiosa perché questi elementi sono stati in contatto con il corpo della persona reale.

Questa distinzione è fatta da James George Frazer, e personalmente l’ho trovata geniale. Esplica infatti appieno il complesso rapporto che abbiamo tra spiegazione e raffigurazione dei fenomeni, e il timore che abbiamo del contagio e della vicinanza con elementi benigni o maligni.

La magia, nonostante la forte scientificità che ci permea, è ancora presente nella mente di molti di noi.

Non mi sentirei di parlare di recrudescenza dell’inconscio o di stupidità, ma piuttosto di una pendenza che è presente che noi in modo atavico, incontrollabile.

In questo senso, i segni zodiacali che omologano caratterialmente diversi individui sulla base della comunanza per segno appartengono ancora la magia omeopatica. Lo stesso principio della farmacologia omeopatica rientra in questa prima categoria.

Sulla magia contagiosa, in un’epoca post covid-19 non mi sento di esprimermi perché già attorno a me il termine “contagi” è largamente abusato.

Torneremo presto a parlare dei Re Sacri in boschi di Diana, quindi vi invito a rimanere sintonizzati! 

 

Rieccoci a parlare di uccisioni sacrificali, di Diana Nemorense, Virbio e del vero volto di Ippolito, che tutti conosciamo per la Fedra di Seneca e di Euripide ma che nasconde in realtà molti segreti.

Secondo il filo del ragionamento che abbiamo seguito finora, e che segue anche James Frazer, Virbio o meglio Ippolito diventa così lo sposo della dea Artemide o Diana, nonché il sovrano di Nemi.

Come lui, anche i successivi dei del Bosco incontrano una fine violentissima, come abbiamo raccontato quando abbiamo parlato della foresta di Nemi. 

A questo punto Virbio diventa il sacerdote trucidato dal suo successore, e la dea viene personificata nientemeno che dall’albero. Ancora oggi in India permane l’usanza di sposare fisicamente uomini e donne a un albero, quindi potrebbe essere una pratica comune anche nell’antico Lazio.

Riepilogo

Facciamo un breve riassunto di quanto abbiamo detto finora: il culto di Diana nel suo recinto Sacro di Nemi aveva u’enorme importanza e risaliva ad epoche immemorabili. Diana era adorata in quanto dea dei Boschi, delle Creature selvatiche, del bestiame domestico e dei frutti della Terra, in grado di aiutare le partorienti e di dispensare figli all’umanità.

Il suo fuoco sacro era custodito dalle vergini perennemente acceso, in un tempio circolare all’interno del Recinto. Associata a lei stava la Ninfa Egeria, che a volte assumeva la funzione di soccorritrice delle partorienti e che si riteneva si fosse congiunta con un antico re di Roma nel recinto sacro.

Possiamo concludere che la stessa Diana ebbe un compagno di nome Virbio, che fu come Adone per Venere o Atti per Cibele. In epoca storica questa vicenda è rappresentata probabilmente da sacerdoti nominati dal re dei Boschi che venivano uccisi dai loro successori a fil di spada.

In conclusione

Vi sembra una carrellata di nozioni scollegate tra loro?

Devo ammettere che ancora non è chiara nemmeno a me l’origine dell’uccisione rituale nei boschi di Nemi. Quello che però mi è chiaro congiungendo tutti questi dettagli diversi è che esiste una sorta di archetipo del re sacerdote che si ripropone in varie epoche e sotto varie vesti.

Sarà di questi sacerdoti che parleremo nelle prossime puntate di storia e mitologia antica.

Abbiamo parlato nell’ultima puntata di mitologia greca e uccisione rituale di Vibio la divinità coesistente con quella di Diana Nemorense nella foresta di Nemi.

Abbiamo parlato spesso di Ippolito, che tutti conosciamo principalmente per la Fedra di Euripide e di Seneca. Ma chi è in realtà Ippolito?

Amante mortale

Fu stata avanzata l’ipotesi che nel giovane Ippolito amato da Artemide, stroncato nel fiore degli anni e pianto ogni anno nella sua nativa Trezene, si possa riconoscere uno di quegli amanti mortali prediletti da una divinità di cui è ricca la religione antica. Il più famoso è Adone.

Si sostiene che la rivalità tra Artemide e Fedra per l’amore di Ippolito riproduca sotto nomi differenti la rivalità tra Afrodite e Proserpina per l’amore di Adone. Fedra in fondo è pur sempre un duplicato di Afrodite.

Questa teoria probabilmente non fa torto a Ippolito e non fa porto nemmeno ad Artemide. Quest’ultima era originariamente la grande dea della fertilità è colei che rende fertile la natura deve essere essa stessa fertile. Insomma, per essere fertile deve avere uno sposo.

Probabilmente Ippolito nel suo natio santuario situato a Trezene non era nient’altro che lo sposo di Artemide.

Trezene, patria di Ippolito

Prima del matrimonio i giovani e le giovani di Trezene offrivano le proprie ciocche recise al dio, e questo avrebbe cementato la sua Unione con la dea, avrebbe promosso la fertilità della terra, del bestiame e della famiglia. 

La tragica morte del giovane Ippolito, come raccontata anche ritualmente a Trezene, presenta varie analogie con racconti simili di altri giovani belli e mortali che pagarono con la vita la breve estasi d’amore con una dea immortale.

Probabilmente quegli infelici amanti non furono sempre solo figure mitiche e le varie leggende che ravvisano il loro sangue nella viola purpurea, nell’anemone scarlatto o nello splendore cremisino della Rosa, non erano solo poesie della gioventù della bellezza, fuggevoli come i fiori dell’estate. Erano piuttosto fiabe, che racchiudevano una più profonda filosofia sul rapporto fra la vita dell’uomo e della natura, una triste filosofia da cui prese origine una tragica usanza.

Siete curiosi di sapere di quale usanza sto parlando?

Ve lo rivelerò nella prossima puntata.

Nella scorsa puntata abbiamo parlato di Virbio, una delle altre divinità del bosco di Nemi in cui si praticava l’uccisione rituale dei sacerdoti in nome della dea Diana Nemorensis.

Una storia inventata

La storia inventata per giustificare il culto di Virbio vicino a quello della Diana nemorensis è del tutto priva di fondamento storico. Si tratta di un mito elaborato per spiegare le origini di un rituale religioso e che ha come unico fondamento analogie reali e immaginarie che si trovano in quel rituale. Infatti non si capisce a chi sia stata attribuita la paternità dei culti nemorensi.

A Oreste o a Ippolito?

Certo, queste giustificazioni storiche di questi fatti inventati ci danno la cifra di quanto sia antico il rituale e di quanto si perda nella notte dei tempi.

L’opinione di Catone il Vecchio

Una versione più storica è sostenuta da Catone il vecchio, che parla dell’istituzione del Bosco sacro a Diana da parte di un certo Egerio Bebio o Levio, di Tuscolo. Fu dittatore latino per l’incarico degli abitanti di Paesi confinanti.

Il santuario sarebbe stato antichissimo, risalente al 495 avanti Cristo, anno in cui Pomezia fu messa a Ferro e Fuoco dei romani e scomparve dalla storia.
È però insolito pensare che una norma così barbarica e cruenta sia stata istituita da un consesso Civile con quello dei popoli latini. Probabilmente era una regola tramandata di generazione in generazione da un’entità anteriore alla memoria umana, quando l’Italia era ancora uno stato primitivo.

Ricordate il detto in Latino “vi sono molti Mani ad Ariccia”?

Alcuni spiegano il detto affermando che Egerio fu progenitore di una lunga e illustre schiatta, mentre altri ritengono che il detto si riferisca alla presenza in Ariccia di molta gente brutta e le forme, dove Manius è Mania lo spauracchio per i bambini, una sorta di uomo nero. Un autore satirico romano chiama Manio il mendicante che sosta sulle pendici di Aricia in attesa dei Pellegrini.

Interpretazioni diverse

Tutte queste interpretazioni diverse, e questa strana discrepanza fra Egerio di Ariccia e Levio di Tuscolo, oltre alla somiglianza dei due nomi con quello della mitica Egeria, tutti questi dettagli suscitano un certo sospetto. Non possiamo comunque rifiutare quello che dice Catone il vecchio, quindi possiamo considerare questa costruzione come una sorta di restauro o meglio rimessa in attività.
Questa vicenda ci spiega ancora una volta come per interpretare i miti classici serva un occhio che va oltre quello dell’archeologo e oltre a quello dell’antropologo.

Serve una visione d’insieme.