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Sempre più incuriosito dal fenomeno del free touring, di cui ho già parlato. 

Credo che prima o poi mi spaccerò per un turista statunitense e parteciperò a una di queste esperienze di economia “dal basso”.

Duomo, Piazza Mercanti, Castello Sforzesco, Teatro alla Scala, San Bernardino alle Ossa, Università Statale, Galleria Vittorio Emanuele II.

“…And much more” recita uno dei tour più convenzionali. Non so cosa proporrei se avessi ancora l’età per imbarcarmi da guida in questo genere di avventura.

Probabilmente una “Milano degli Sforza”, con approccio tematico a tutti i monumenti e ai luoghi simbolo di questa rinomata famiglia italiana. O magari un tour dei teatri, con le principali prime che hanno contribuito a renderli famosi. Con una necessaria parentesi storica sull’epoca nella quale ogni tetro è stato in auge, qualche curiosità morbosa sulla vita del castrato 500esco di turno… Reperire queste informazioni nella memoria è tanto più difficile, quanto è facile ricordarle quando le si sente come unica nozione relativa a una città.

Avrei sicuramente trasferito la saggistica sociologica che studiavo a considerazioni abitative, attuali. Le gentrificazioni, l’abusivismo edilizio, le vie “della moda”, “della finanza”… Se penso a quanti differenti percorsi tematici si possono affrontare in una città come Milano, quasi rimpiango di non essere nato in tempi più recenti.

Prima o poi partecipo.

Penso che il concetto di free tour sia abbastanza indicativo dei grossi cambiamenti che sono intercorsi negli ultimi vent’anni nell’idea di promozione turistica.

Si moltiplicano online siti nei quali è possibile prenotare il cosiddetto “free tour” di una città. Solitamente, una grande capitale europea, una Londra o una Parigi, o una Berlino. La grandezza della città rende sensato quello che il Free Tour rappresenta.

Una visita inedita: il free tour solitamente esce dal convenzionale.

Mi è capitato qualche tempo fa di incappare a Londra in un gruppo di turisti attratti da una guida che pontificava sull’arte di strada. Il ragazzo, un giovane britannico spigliato, portava questa ventina di individui fuori da Marble Arch, dirigendosi in direzione opposta al centro.

Non ho seguito la comitiva ma ho poi approfondito. Coloro che conducono i free tour devono motivare i turisti raccolti a donare qualche soldo alla fine del tour, e per farlo lanciano la sfida sulla competitività più assoluta. Nei contenuti, intendo. Questo giro di street art è sicuramente qualcosa di impensabile per me, e nemmeno avrei saputo come prenotare. Ora vedo che esistono moltissimi siti dai quali è possibile prenotare comodamente una visita, da casa propria in fase di programmazione del viaggio, oppure a poco tempo di distanza dal tour, ovviamente nei limiti della disponibilità.

Trovo un segno dei tempi che questi giovani guide lavorino in assoluta assenza di qualsiasi garanzia di guadagno. Come gli artisti di strada, se vogliamo, ma in termini sociologici come gli agenti di vendita e gli artigiani: in comune con i primi, l’investimento nell’auto-promozione. Con i secondi, l’originalità del prodotto, che però in questo caso non ha nemmeno un prezzo fisso.

La net society rende indubbiamente più semplice questo scambio fluido di competenze. 

Ben venga per le città, nelle quali gli sguardi inediti si lasciano promuovere con l’incentivo di un guadagno. Per quanto incerto.