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L’interesse composto è uno dei concetti più fondamentali nella finanza personale e negli investimenti. Si tratta di un potente strumento finanziario che può fare una grande differenza nel tuo patrimonio nel lungo termine. In sostanza, è un tipo di interesse che viene calcolato non solo sul capitale iniziale o principale di un investimento, ma anche sugli interessi accumulati in precedenza. 

Facciamo un esempio

Immaginate di investire $1,000 a un tasso di interesse annuale del 5% con l’interesse composto. Alla fine del primo anno, si guadagnano $50 di interesse (1,000 x 0.05). Ma qui sta la chiave: nel secondo anno, il saldo non è più di $1,000, ma di $1,050. Pertanto, ora si guadagna il 5% su $1,050, che è $52.50. 

L’effetto dell’interesse composto può essere interessante quando si parla di accumulare ricchezza nel lungo termine. Anche se il tasso di interesse può sembrare relativamente basso, la costante crescita dei guadagni complessivi può portare a risultati significativi.

Per esemplificare ciò, consideriamo un investimento di $10,000 a un tasso di interesse annuale del 6%. Senza l’interesse composto, guadagneresti $600 all’anno (10,000 x 0.06). Tuttavia, con l’interesse composto, i tuoi guadagni cresceranno progressivamente. Dopo 10 anni, avresti accumulato oltre $17,000, e dopo 20 anni, il tuo investimento sarebbe cresciuto a più di $32,000. Questo effetto di crescita continua a intensificarsi con il tempo.

Applicazioni pratiche del concetto

L’interesse composto si applica in tante azioni concrete e quotidiane. La maggior parte dei conti di risparmio e dei certificati di deposito utilizza l’interesse composto per calcolare i tuoi guadagni, giusto per citare un esempio. 

Oppure, gli investimenti in azioni, obbligazioni, fondi comuni di investimento e altri veicoli finanziari possono generare guadagni tramite l’interesse composto.

I fondi pensione e i piani di risparmio pensionistico, come anche i prestiti, spesso utilizzano l’interesse composto per aiutarti a costruire un patrimonio pensionistico nel tempo.

Pensavi che andasse tutto bene… E invece no. 

C’è un cigno nero sempre in agguato.

Cosa significa “cigno nero”

Il termine “cigno nero” è diventato un concetto comune nel mondo della finanza per descrivere eventi imprevedibili e altamente rari che hanno un impatto significativo sui mercati finanziari e sull’economia globale. Coniato dallo statunitense Nassim Nicholas Taleb nel suo libro del 2007 intitolato “Il Cigno Nero: Come l’improbabile governa la nostra vita”, questo concetto ha guadagnato popolarità per descrivere eventi altamente imprevedibili, estremamente rari e con un impatto devastante sui mercati e sull’economia. Questi eventi sono talmente rari che spesso sfuggono a qualsiasi modello statistico o analisi di rischio tradizionale. L’idea chiave è che mentre è possibile prevedere e gestire i rischi ordinari, i cigni neri sono eventi che nessuno ha previsto e che spesso hanno conseguenze enormi.

Esempi di Cigni Neri in Finanza

  • L’Attacco dell’11 settembre 2001: Gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti sono stati un evento altamente imprevedibile che ha avuto conseguenze enormi sui mercati finanziari globali, con crolli nelle borse e nei settori dell’aviazione e delle assicurazioni.
  • La Pandemia di COVID-19: La pandemia di COVID-19 che ha colpito il mondo nel 2019-2020 è un esempio recente di un cigno nero. Nessuno aveva previsto l’entità e la diffusione globale di questa malattia e l’effetto che avrebbe avuto sull’economia e sui mercati finanziari.

Dato che i cigni neri sono eventi così rari e imprevedibili, gestirli è una sfida per tutti gli interlocutori standard della finanza. La diversificazione del portafoglio è importante, così come le assicurazioni.

Nonostante la natura imprevedibile dei cigni neri, è importante condurre un’analisi dei rischi approfondita e considerare scenari estremi come parte del processo decisionale finanziario.

Gli asset manager sono figure importantissime nell’industria dei servizi finanziari, e sostanzialmente sono i responsabili della supervisione e dell’ottimizzazione dei portafogli di investimento dei clienti. 

Dato che la definizione di questa figura non è spesso chiara nel pubblico generale, mi lancio e provo a parlarne.

Cos’è un asset manager?

In termini semplici, un asset manager è un professionista o una società specializzata nella gestione degli investimenti di terzi. Con “investimenti” ci riferiamo a varie cose: azioni, obbligazioni, titoli, immobili, materie prime e altre classi di asset. L’obiettivo principale di un asset manager è quello di massimizzare i rendimenti dell’investimento, tenendo conto degli obiettivi, dei limiti di rischio e delle preferenze dei propri clienti.

Gli asset manager svolgono una vasta gamma di ruoli e responsabilità per garantire la gestione ottimale degli investimenti. Un esempio pratico: gli asset manager monitorano costantemente i mercati finanziari globali, esaminando dati economici, tendenze di mercato e sviluppi politici per prendere decisioni informate sugli investimenti.

In più, si occupano della creazione e gestione di portafogli: sulla base delle loro analisi, gli asset manager costruiscono portafogli di investimento diversificati che possono comprendere azioni, obbligazioni, fondi comuni e altri strumenti finanziari. La diversificazione mira a ridurre il rischio complessivo.

In più, queste figure monitorano e valutano costantemente il rischio associato a ciascun investimento e apportano eventuali aggiustamenti per mantenere l’aderenza agli obiettivi di rischio dei clienti.

Ricerca e Analisi: Effettuano ricerche dettagliate su aziende, settori e strumenti finanziari specifici per identificare opportunità di investimento promettenti.

E nell’economia globale?

È un errore immaginare l’asset manager SOLO come consulente di investimento. Queste figure, a mio parere, svolgono un ruolo fondamentale nell’economia globale. Contribuiscono alla circolazione efficiente del capitale, facilitando gli investimenti e l’allocazione delle risorse nei mercati finanziari. In più, con la loro competenza e le loro decisioni influenzano la crescita economica, la stabilità finanziaria e la creazione di ricchezza per gli investitori.

Infine, certo, gli asset manager sono fondamentali per promuovere la diversificazione degli investimenti, contribuendo a ridurre il rischio sistemico nei mercati finanziari. 

Le regolamentazioni rigorose a cui sono sottoposte, rispetto ad altri mercati deregolamentati, garantiscono la tutela degli interessi degli investitori e la stabilità dei mercati finanziari, oltre a tenere divulgate delle informazioni chiave per garantire la trasparenza dei mercati.

Spero di essere stato sufficientemente chiaro, senza sacrificare nulla sull’altare della semplicità!

Per i più giovani in sala: oggi mi son svegliato pedagogo e vorrei spiegare in termini semplici uno dei concetti più basilari per chi si avvicina al mondo della finanza: la differenza tra azioni e obbligazioni.

Azioni

Un’azione rappresenta una quota di proprietà in una società. Quando una persona acquista un’azione di una società diventa un azionista e ha diritto a una parte dei profitti e dei diritti decisionali all’interno dell’azienda. Le azioni sono generalmente emesse da società che operano come società per azioni o società quotate in borsa. L’obiettivo principale degli investitori che acquistano azioni è ottenere un ritorno finanziario attraverso l’aumento del valore delle azioni o i dividendi distribuiti dalla società.

Gli azionisti possono partecipare alle assemblee generali degli azionisti e hanno il diritto di votare su questioni aziendali importanti, come la nomina dei membri del consiglio di amministrazione o le decisioni strategiche dell’azienda. Inoltre, gli azionisti possono beneficiare del successo finanziario dell’azienda se il valore delle azioni aumenta nel tempo.

Obbligazioni

Un’obbligazione, al contrario, rappresenta un debito emesso da un’entità, che può essere un governo, una società o una istituzione finanziaria. Quando un investitore acquista un’obbligazione, in pratica sta prestando denaro a tale entità. L’entità emittente si impegna a restituire l’importo prestato, noto come capitale o valore nominale dell’obbligazione, insieme a un interesse concordato entro una data di scadenza stabilita.

Le obbligazioni sono considerate titoli di debito e rappresentano un impegno vincolante per l’entità emittente di restituire il capitale e pagare gli interessi ai detentori delle obbligazioni. Gli interessi possono essere pagati periodicamente, ad esempio su base semestrale o annuale, e possono essere a tasso fisso o variabile, a seconda delle condizioni dell’obbligazione.

Le obbligazioni sono spesso considerate strumenti finanziari più sicuri rispetto alle azioni, poiché l’entità emittente ha l’obbligo contrattuale di rimborsare il capitale e pagare gli interessi. Tuttavia, il rendimento delle obbligazioni può essere inferiore rispetto a quello delle azioni, poiché il rischio associato alle obbligazioni è generalmente considerato inferiore.

Continuiamo dopo l’articolo sulle SPAC con qualche ripassino finanziario. Oggi, per la gioia di chi ama il brivido, parleremo di short-selling.

Il short-selling è un tipo di operazione finanziaria che consente ai trader di guadagnare profitti anche quando il prezzo di un titolo scende. Sembra adrenalinico, e in effetti lo è!

Come però spesso accade in finanza, non è tutto oro quel che luccica.

Come funziona il short-selling

In sostanza, il short-selling funziona in modo opposto all’acquisto di azioni. Invece di acquistare un titolo e aspettare che il prezzo aumenti per poi vendere, con lo short-selling si vende un titolo che si prevede possa scendere di valore in futuro. Di conseguenza, quando effettivamente il prezzo scende, il trader acquisterà il titolo al nuovo prezzo più basso per poi rivenderlo a un prezzo ancora inferiore, incassando la differenza.

Il short-selling, dunque, è una strategia utilizzata dai trader che si basa sulla capacità di individuare i titoli che possono subire una correzione al ribasso. In questo modo, i trader possono effettuare guadagni anche in caso di mercati in ribasso, scommettendo contro le previsioni degli analisti o delle compagnie che emettono i titoli stessi.

Short-selling: attenzione a non ridere in faccia al rischio!

Va però sottolineato che il short-selling deve essere effettuato con molta attenzione in quanto si tratta di un’operazione rischiosa. Infatti, se il prezzo del titolo sale anziché scendere, il trader dovrà comunque acquistarlo per coprire la sua posizione, subendo una perdita economica. In alcuni casi, se il prezzo del titolo continua ad aumentare, le perdite possono essere molto elevate.

Per questo motivo, il short-selling è spesso considerato uno strumento finanziario riservato ai trader esperti, anche se ultimamente è diventato sempre più accessibile anche ai trader privati grazie alle piattaforme di trading online.

Il vantaggio è che può essere effettuato su diversi tipi di titoli, dalla azioni ai bond, ai futures e anche alle valute. Tuttavia, a seconda dei mercati e dei regolamenti, potrebbero esistere alcune limitazioni o restrizioni sulle operazioni di short-selling.

Inoltre, proprio per la natura rischiosa e complessa delle operazioni di short-selling, gli organismi di vigilanza finanziaria di alcuni paesi hanno introdotto regole specifiche per limitare l’uso delle operazioni di short-selling. Questo per evitare che i trader possano manipolare il mercato e creare panico.

Insomma… Se non si fosse capito sto consigliando ai trader non esperti di desistere dal short-selling.
Davvero, meglio affidare le proprie finanze o a un professionista qualificato, o a strumenti più lenti, ma più affidabili.

Le Special Purpose Acquisition Companies, conosciute anche con l’acronimo “SPAC”, sono una nuova forma di strumento di investimento che sta prendendo sempre più piede nel mondo della finanza.

Cosa sono le SPAC

Una SPAC è una società fondata con l’unico scopo di raccogliere fondi tramite un’offerta pubblica iniziale (IPO, Initial Public Offer), per poi acquisire un’altra società esistente, solitamente una startup o una società a bassa capitalizzazione. Una volta raccolti i fondi, la SPAC ha 24 mesi per acquisire l’azienda target. Se l’acquisizione non avviene, i fondi vengono restituiti agli investitori.

La storia delle SPAC

Le SPAC sono state introdotte per la prima volta negli Stati Uniti negli anni ’90, ma sono diventate popolari solo negli ultimi anni. Nel 2019, le SPAC hanno raccolto circa 13,6 miliardi di dollari, mentre nel 2020 hanno raccolto oltre 83 miliardi di dollari. Molte società di investimento hanno creato le loro SPAC, tra cui Pershing Square con la sua Pershing Square Tontine Holdings.

A chi conviene investire in SPAC

Rispondiamo alla vera domanda che si pone l’investitore: le SPAC convengono? 

Per prima cosa, devo mettervi in guardia: sono una forma di investimento ad alto rischio, ma possono essere anche molto redditizie. 

In generale, le SPAC sono adatte ad investitori che hanno una buona comprensione dei mercati finanziari e delle società in cui intendono investire. Le SPAC possono offrire agli investitori l’opportunità di investire in società innovative e di crescita a un prezzo inferiore rispetto all’acquisto diretto di azioni dopo l’IPO. Tuttavia, gli investitori dovrebbero valutare attentamente i rischi associati alla SPAC, tra cui la possibilità che l’acquisizione non avvenga o che l’azienda acquisita non sia redditizia.

Sono redditizie?

Seconda domanda scottante. La redditività delle SPAC dipende dalla capacità della società di acquisire un’azienda target di successo. Se l’acquisizione ha successo, gli investitori possono vedere un aumento significativo del prezzo delle azioni della SPAC. Tuttavia, le SPAC sono ad alto rischio, e gli investitori dovrebbero valutare attentamente i rischi prima di investire. Inoltre, i costi associati alle SPAC sono generalmente più elevati rispetto a quelli delle IPO tradizionali, il che può avere un impatto sulla redditività degli investimenti.

Come al solito, concludo con un: siamo sicuri che ne sai abbastanza per investire?
Fortuna prodentes iuvat.

(continua dal precedente sul rapporto tra cultura aziendale e finanza)

In primo luogo, una cultura aziendale positiva ha buone ricadute sulla reputazione del brand. I clienti sono fidelizzati e motivati, così come i dipendenti. Ci sono diversi studi che provano i modo schiacciante come un alto livello di engagement dei dipendenti porti a una decrescita del turnover.

Infine, la giusta cultura aziendale promuove cambiamenti positivi con maggiore innovazione e nuovi prodotti, che possono stimolare la produttività o espandere la base di clienti di un istituto finanziario. 

A questo proposito cito di nuovo un articolo di Forbes in cui si rilanciano le parole di John Chambers, ex amministratore delegato di Cisco.

Chambers sostiene che “il 40-50% delle Fortune 500 non esisterà più entro un decennio”. Secondo Chambers, l’attuale crisi è un momento spartiacque in cui sopravvive solo chi ha le forze e le caratteristiche adatte per sopravvivere.

Anche se resta da vedere quanto saranno efficaci i documenti che consigliano alle istituzioni finanziarie e ad altri settori di adottare la cultura “corretta”, non c’è dubbio che una cultura positiva e innovativa sia fondamentale per il successo di qualsiasi azienda. È uno studio senza fine, come del resto prevede l’imprenditorialità e la consulenza di un certo livello.

A cultura aziendale cambia nel tempo, e il mondo dei prodotti finanziari non può rimanere indietro.

C’è un fatto accaduto questo settembre che vale la pena menzionare, se parliamo di cultura aziendale e finanza: la Monetary Authority di Singapore, una delle principali autorità di regolamentazione finanziaria del mondo, ha pubblicato due documenti che parlano di cultura. 

Il primo documento si concentra su nove risultati che l’autorità ritiene debbano essere raggiunti da tutte le istituzioni finanziarie, il secondo cinque risultati che le istituzioni finanziarie dovrebbero raggiungere per rafforzare la responsabilità e promuovere un comportamento etico.

Una cultura aziendale nuova

Welfare, benessere psicologico sul posto di lavoro, inclusività… La cultura aziendale vira negli ultimi anni sempre più decisamente verso un miglioramento di standard, ma anche verso una creazione di standard condivisi, orientati al benessere globale dei dipendenti e dirigenti e a un migliore bilanciamento vita/lavoro. 

Dall’intrattenimento all’industria tecnologica, le aziende si stanno riorientando verso nuovi standard lavorativi .

Quindi, perché concentrarci nello specifico sul settore finanziario?

“Cultura” come norme implicite

In un articolo su Forbes ho letto il parere di William Dudley, ex amministratore delegato della Federal Reserve Bank di New York. Dudley ha descritto la cultura come “le norme implicite che guidano il comportamento in assenza di regolamenti o regole di conformità”. 

Andrew Bailey, governatore della Banca d’Inghilterra, ha detto invece che la cultura è “ovunque e in nessun luogo”. 

Insomma, senza voler partecipare alla disputa medievale sugli universali, e quindi stabilire se la cultura esiste o meno, mi sento di assentire anche con Bailey: spesso non serve un codice scritto per affermare come una serie di comportamenti siano radicati in un gruppo sociale (in questo caso, in un ambiente lavorativo). Semplicemente, vengono messi in pratica.

Forse, e questo lo aggiungo io, il ruolo dell’arte e della letteratura è proprio questo, cogliere l’in-standardizzabile sotteso al modo in cui agiamo e ci comportiamo con i nostri simili.

Se è buona arte, senz’altro.Ma al di là di queste definizioni, vediamo come finanza e cultura aziendale coesistono e perché è fondamentale una loro interazione proficua.
(Continua)

Oggi ci sono i funerali di Stato della regina Elisabetta, ma dato che a noi interessa l’economia britannica, eviterò di addentrarci nel gossip.

Il regno di Elisabetta in dati 

Il PIL ha visto dei cali e dei boom molto importanti. La crisi finanziaria del 2008 – vedete la banca britannica Northern Rock – è stata uno dei problemi che hanno più impattato sul calo repentino che ha interessato la produttività di quell’anno.

Le nascite sono state favorite dai migranti, il che ha creato una società decisamente più plurale.

Il Commonwealth è cresciuto, dai 5 stati iniziali che ora sono 53. Parliamo di un impero britannico considerato grande a livello globale, con gli errori correlati al colonialismo che tutti conosciamo, e che specialmente per noi italiani privi di un corrispettivo sono ancora più evidenti – guarda un po’!

Le lauree femminili sono cresciute moltissimo dal 1950 a oggi.

I salari reali sono sempre riusciti a battere l’inflazione, tranne nell’ultimo periodo. Hanno sempre avuto più potere d’acquisto rispetto ai prezzi.

Se dovessimo fare una media della crescita dei salari, abbiamo un +2,27%. 

Per quanto riguarda l’import, la Cina sostituisce l’Europa. Dall’Europa occidentale arrivano gran parte delle importazioni ed esportazioni, e nel mentre decrescono Canada, Australia, Sri Lanka, Sudafrica e India.

Questi sono i fattori cambiati con il regno di Elisabetta II, che oggi salutiamo.

Nulla è meno conoscitivo e più affascinante del fenomeno statistico dell’overfitting. 

Ora che siamo in clima di elezioni politiche, nulla è più attuale, immersi come siamo in costanti previsioni, poll preventivi, sondaggisti, strategie enunciate in modo da cinico a sempre più accorato.

Ma rimaniamo ancorati alla realtà: non c’è davvero modo di sapere come andrà un’elezione. Il più fine analista e stratega politico non potrà infatti tracciare con precisione non solo i sommovimenti del conteggio di un sistema elettorale misto e difficilmente prevedibile dato che sono state eliminate le preferenze, ma anche la “pancia” degli indecisi.

Gli indecisi sono infatti difficilmente prevedibili.

E qui torniamo al fenomeno dell’overfitting.

Cosa significa overfitting

L’overfitting o sovradattamento è un termine della statistica che descrive un modello statistico molto complesso che sembra prevedere un fenomeno, ma in realtà si sta solo adattando ai dati osservati.

Ciò accade perché tale modello ha un numero eccessivo di parametri rispetto al numero di osservazioni, e come la scienza ci insegna, la conoscenza viene data da un connubio oculato tra empirismo e teoria.

È quindi evidente che l’overfitting sia un problema importante durante i sondaggi politici, così come in tutti gli schemi che ambiscono a essere previsionali. Non dobbiamo lasciare che le regole del nostro pensiero soverchino mai l’osservazione umile e scientifica della realtà.