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D’altro canto anche la fiscalità ha inseguito l’arte per inseguirne il denaro sottostante, talvolta a buon diritto quando nasconde l’evasione, talaltro penalizzando un settore creativo che avrebbe invece bisogno di maggior fiducia e agevolazioni.

Così scrive Marilena Pirrelli a proposito del mercato dell’arte italiano. La trovo un’analisi molto lucida e comprensiva di tutti i fattori in gioco. Lei parla di “resistenze e esclusività”, riferendosi probabilmente alle sacche arenate dove la promozione non ha capito che si deve rivolgere a investitori generosi, ma anche, e soprattutto, fare rete.

Impresa culturale e creativa

Sembra che il networking, o il “fare rete”, sia la necessità prima alla quale deve votarsi ogni amministratore pubblico, ma anche ogni soggetto privato, per riuscire a intravedere uno spiraglio di successo.

È stato fatto un grande lavoro da parte della commissione Cultura della Camera che si è tradotto, dopo la falcidia della Commissione Bilancio, in una definizione. Sembra nulla ma in realtà è un passo importante: il riconoscimento delle Icc (Impresa culturale e creativa) non è cosa così scontata e rappresenta un lascito importante alla prossima legislatura. Con l’introduzione in Manovra poi di un credito di imposta, per quanto limitato, il segnale dell’importanza del settore culturale per l’economia nazionale diventa ancor più evidente.

Necessario cambiare la normativa

Questi fattori sono evidentemente di natura politica: la politica fa una scelta di campo, che è quella della promozione, e ricapitalizza le imprese che si dedicano alla cultura. Ma poi la normativa si deve adeguare a questi cambiamenti, e intervenire in senso logistico. Ecco che la maggior parte delle attuali leggi sulla promozione a valorizzazione culturale appartengono al periodo del Ventennio.

Alcuni provvedimenti

Qualche provvedimento positivo c’è, e li cita anche Pirrelli nell’articolo che ho riportato. Sono la legge 124 del 4 agosto 2017 , che vuole semplificare la circolazione internazionale dei beni culturali. In discussione c’è poi la legge sui delitti contro il patrimonio culturale. Tutti segnali positivi, ma bisogna attendere gli sviluppi normativi per capire se l’impatto sarà davvero rivoluzionario, com’è ora che avvenga.

 

Sia una valorizzazione che una ricapitalizzazione del patrimonio artistico e culturale italiano si stanno rendendo necessarie e stanno avvenendo lentamente. L’ingresso dei privati è recentemente passato alle cronache e naturalmente non mette tutti d’accordo. Sta forse tornando di moda il mecenatismo? Si e no, comunque credo siano importanti nuovi investimenti nei restauri e nella valorizzazione del capitale artistico del nostro paese, in fin dei conti le nostre opere sono numerose ed estremamente preziose. Troppo per essere lasciate deperire.

Questa mattina stavo leggendo un interessante articolo sugli investimenti nell’arte pubblica. Io, come molti credo, sono abituato a concepire l’arte come pubblica e fruibile, tutto ciò che riguarda i finanziamenti e gli investimenti riguardanti questo campo tendo ad associarli a un modo per offrire nuovi servizi alla collettività. L’arte invece ha assunto nel tempo anche un altro significato: quello di mercato. Per fugare ogni dubbio, specifico che non intendo soffermarmi su questo mondo separato dal pubblico interesse, non parlerò di quotazioni, aste, falsi, ma neanche della bontà di un investimento in opere d’arte o di collezionismo.

Il mio ragionamento si è soffermato su un quesito semplice: cosa succede quando un monumento o una importante opera artistica ha bisogno dell’impiego di capitali per un restauro, studio o valorizzazione e questi fondi non si trovano? Se un privato si fa avanti per sopperire questa mancanza di capitali in cambio di visibilità di qualità, è meglio non rendere disponibile l’arte o scendere a compromessi?

Valorizzazione e ricapitalizzazione dell’arte grazie a privati: è davvero un’opportunità?

Esistono fondi privati e imprenditori che mettono a disposizione grandi capitali per il restauro, o la valorizzazione, di alcuni luoghi storico-artistici di grande interesse. A fare più notizia sono stati i “restauri di lusso” messi in opera dalle grandi case di moda, in cambio non solo di visibilità e pubblicità, ma in alcuni casi di un vero e proprio utilizzo privato del bene a cui sono stati destinati i capitali. Probabilmente il caso più celebre è quello che ha riguardato la Fontana di Trevi, restaurata da un’importante casa di moda che ha finanziato i lavori per poi utilizzare la fontana stessa come passerella per una sfilata di grande impatto visivo e mediatico.

L’iniziativa, se mirata a valorizzare il bene pubblico tramite una ricapitalizzazione dei fondi destinati alla tutela del patrimonio artistico, non credo sia da demonizzare, tuttavia credo che l’impatto finale lo potremo valutare soltanto con il passare del tempo. La coscienza artistica che trasmetteremo ai nostri figli e nipoti sarà ciò che farà pendere maggiormente l’ago della bilancia, ricordandoci comunque che il patrimonio artistico dovrà arrivare a loro e alle generazioni successive nelle migliori condizioni possibili.