Ho sempre trovato sciatto schierarsi nelle battaglie in cui la presa di una posizione possa implicare campanilismo. Ecco perché nel caso Favino di cui tutti stanno parlando devo spiegare la mia posizione, che è totalmente dalla parte di Favino.

Tutta politica

Purtroppo una parte delle mie motivazioni è eminentemente campanilistica: la scuola di doppiaggio, regia, recitazione e in generale cinema e teatro italiano è d’eccezione. Trovo che sia un gesto politico l’ignorarla.

Una sorta di tentativo di emancipazione, della serie “siamo diventati grandi noi cinemasti-americani e attori americani, spacchiamo il mondo e siamo famosi ovunque. Tutti ci emulano. Non abbiamo più bisogno di tributare onori a vecchie cariatidi del passato, per quanto talentuose”. Un adolescente che impara a prendere i treni da solo, e pensa che i genitori siano oramai inutili.

Ed ecco che già in House of Gucci Invece di usare attori italiani sono stati usati attori americani che fingono in modo pessimo e affettato un accento italiano.

Però vorrei spostare la valutazione dall’Italia e ampliarla. Perché non rendere il cinema un luogo di scambio artistico, invece che un’espressione unicamente campanilista?

Perché di campanilismo, guardiamoci in faccia e diciamolo apertamente, ce n’è da ambo le parti.

Sfumature artistiche

Intendo: Siete davvero così forti da potervi permettere di ignorare le infinite sfumature artistiche che conferisce al vostro film un attore madrelingua? 

Mi ricordo il monologo comico di un’attrice greca che diceva di essere stata rifiutata al cast di Troy perché “non sembrava abbastanza greca”.

Non ho modo di ricordarmi il nome dell’attrice comica, spero non vi dispiaccia la citazione monca. 

Però questo è emblematico! 

Stai facendo Troy o stai facendo un bel film? 

Ecco perché Favino ha tutto il mio appoggio, per quello che possa servire.