Possiamo occuparci di diritto d’autore rimanendo sul filo dell’allusione storico-letteraria, senza mai entrare nel vivo dell’agone politico. Possiamo ingarbugliarci nelle definizioni e nelle nostre placide esistenze di fruitori passivi dei giganti tecnologici e di info sharing. Tutte belle cose, belle esperienze, ma in questo frangente, dopo essermi dilungato così voluttuosamente sul concetto di copyright e di diritto d’autore, e della liceità del pagamento obbligatorio per chi scrive di arte e cultura… Ma viceversa, ho fatto anche elogi dell’enciclopedista volontario, cioè di chi scrive gratia artis, e non facendosi pagare alimenta un concetto di cultura indipendente. Non posso esimermi dal commentare le vicissitudini che sta avendo la legge europea sul copyright.

La nuova legge sul copyright

Innanzi tutto, un concetto-chiave, il “mercato unico digitale europeo”. Vediamo cosa significa in termini politici: lo stato-nazione in senso ottocentesco deve avere la possibilità, come forse oggi ha un po’ meno, di controllare le transazioni economiche che avvengono entro i suoi confini.

Fin qui, la fiera delle banalità: transazioni economiche, movimenti finanziari, anche passaggi d’eredità, esercizio della libera professione… Ogni retribuzione deve quantomeno essere passata sotto gli occhi dell’autorità politica, benché poi questa tendenza possa infinitamente declinarsi in modelli statali più o meno tendenti al modello liberista, o liberalista.

Lo Stato nazione gioisce delle riforme sul copyright?

Quindi, anche internet, come il Mercato, nella parziale cessione di autorità che la Comunità Europea ha comportato, dev’essere concepito, o quantomeno normato, come “unico”.

Concepire il diritto di internet come unico è più semplice che concepire internet come unico. Il mondialismo che connota questo nuovo mezzo di comunicazione è in realtà in contrasto secondo me con la tendenza dello Stato a normare entro i propri confini nazionali.