A chi non è mai capitato di intavolare un dibattito fervente su quale sia il confine oltre il quale si scavalla nel disturbo mentale?

Il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, Quinta Edizione (DSM-5), rappresenta il punto di riferimento più autorevole e ampiamente utilizzato per la classificazione e la diagnosi dei disturbi mentali. 

Cos’è il DSM-5

Pubblicato per la prima volta nel 1952 dall’American Psychiatric Association (APA), il DSM ha subito numerose revisioni, con l’ultima, la quinta edizione, pubblicata nel 2013. Lo usano psichiatri, psicologi, assistenti sociali e altri professionisti della salute, dato che fornisce una lingua comune e criteri standardizzati per la diagnosi dei disturbi mentali.

Sebbene non sia obbligatorio, viene comunque considerato l’unità di misura per tutti i professionisti che ho elencato sopra.

Il DSM-5 è il risultato di oltre una decade di lavoro preparatorio, ricerche e ampie consultazioni con esperti nel campo della psichiatria e della psicologia. Il processo di revisione ha incluso una riconsiderazione completa delle categorie diagnostiche esistenti, l’aggiunta di nuove diagnosi e la modifica dei criteri diagnostici per riflettere meglio la comprensione attuale della salute mentale. 

Tra le modifiche più importanti rispetto al passato abbiamo la ristrutturazione delle categorie diagnostiche per riflettere meglio un continuum di disturbi, piuttosto che classi distinte, evidenziando così la natura spesso sfumata dei disturbi mentali.

Il DSM-5 copre un ampio spettro di disturbi mentali, suddivisi in categorie che includono disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, disturbi psicotici, disturbi alimentari, disturbi della personalità e molti altri. Per ogni disturbo, il manuale fornisce un insieme di criteri diagnostici che devono essere soddisfatti, insieme a note descrittive e linee guida per aiutare i clinici a fare diagnosi accurate. Inoltre, il DSM-5 introduce il concetto di dimensioni e gradi di severità per alcuni disturbi, consentendo ai clinici di valutare la gravità e il livello di disfunzione del disturbo.

Disturbi maggiori e minori

Un’altra novità importante del DSM-5 è l’introduzione dei Disturbi Neurocognitivi Maggiori e Minori. Questa distinzione ha molto senso perché tiene conto dell’impatto delle condizioni neurologiche sul funzionamento cognitivo e comportamentale. Neurologia e psichiatria sono spesso strettamente connesse e i sintomi cognitivi vanno spesso valutati nell’ambito dei disturbi mentali.

Il DSM-5 ha anche affrontato la questione del sovradiagnosi e del sovratrattamento di alcuni disturbi, in particolare nei bambini. Ad esempio, è stata introdotta una nuova diagnosi di “Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD) nell’adulto”, riconoscendo che l’ADHD può persistere nell’età adulta e che i criteri diagnostici devono essere adattati per riflettere le manifestazioni del disturbo in questa popolazione.

Critiche più comuni

Nonostante la sua ampia accettazione e utilizzo, il DSM-5 non è esente da critiche. Alcuni professionisti del settore hanno sollevato preoccupazioni riguardo alla patologizzazione di comportamenti e condizioni normali, ai conflitti di interesse tra gli autori del manuale e l’industria farmaceutica, e alla mancanza di sufficiente base empirica per alcuni dei nuovi disturbi e criteri diagnostici introdotti.

Come sempre, la scienza è in fieri. Per il momento, la tappa più avanzata e collettivamente condivisa a cui siamo arrivati è questa.

Mi chiedevo da ragazzo cosa significasse nella poetica dell’arte il non-finito. Nel regolare percorso della storia dell’arte scolastica, si arriva al periodo della vecchiaia di Michelangelo. L’accurata tecnica di levigatura del marmo, da lui perpetrata come un rituale sacro, comincia a scemare nei quattro Schiavi. Così vengono chiamati posteriormente i quattro uomini sbozzati grezzamente nel marmo, nell’atto di liberarsi da simboliche e letterali catene.

Il mio ricordo scolastico è sicuramente sfumato dal passare degli anni, ma sono abbastanza sicuro di aver legato indissolubilmente il concetto di modernità a quelle statue incompiute. Che poi, nella storia della critica d’arte ci sia sempre un certo ammicco verso la vaghezza, è una considerazione piuttosto ordinaria.

Il non-finito era ora descritto come necessità dell’artista, ormai famoso: doveva spostarsi da una città all’altra e da una commissione all’altra, e non poteva certo trascinarsi i manufatti con sé. In certi altri casi, e malricordo se fossero gli schiavi, il pezzo di marmo si rivelava inadatto per la scultura. Secondo la sua personalissima e celeberrima visione dello sbozzare, già nel blocco grezzo è insita la figura. Lo scultore come un fedele sacerdote/artigiano estrae significato già contenuto nella pietra che pare inespressiva. Quindi, era come se il blocco si rivelasse erroneamente interpretato.

Lo smaliziato fruitore vede l’errore scultoreo, o la necessità pratica di abbandono. O addirittura, ricordo certi compagni dalla pragmatica malizia, la pigrizia dello scultore troppo affermato.

La modernità si collocava, nella mia mente, a questo punto. Senza indulgere in interpretazioni a posteriori, o in critica d’arte, che non è il mio campo:

E’ incredibilmente moderno che un’opera abbandonata per incuria, fatta da un Nome e un Cognome rinomato, venga comunque conservata, discussa, tenuta viva.

Gli schizzi di Picasso, modernissimi e strapagati dagli acquirenti, sembrano molto più simili all’idea di opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica, come voleva Benjamin, piuttosto che alle ultra-venerate reliquie. Anche se all’occhio non esperto potrebbe risultare il contrario.

Che tu sia una giovane promessa o un habitué di grossi investimenti, la finanza può risultare ostica. Capire i concetti semplici non è impossibile, ma capirli a fondo, e trovarsi nella corrispondenza d’amorosi sensi giusta per iniziare a prendersi dei rischi, è ben più diverso.

Per iniziare ad investire in Italia oggi è necessario seguire alcuni passaggi ineliminabili.

Innanzitutto, per chi è proprio digiuno, aggiungo che dotarsi di un broker è indispensabile per operare sui mercati finanziari. 

Ma anche se si è già scelto il proprio intermediario bancario, acquisire una buona educazione finanziaria è fondamentale. 

Questo include comprendere i principi degli investimenti, i vari strumenti finanziari disponibili e i rischi associati. Una volta acquisita una base solida, è importante definire gli obiettivi finanziari personali a breve, medio e lungo termine e valutare la propria tolleranza al rischio

Non tutti vogliono rischiare con la propria finanza personale.

Ecco perché solo un’attenta ponderazione del rischio che sei disposto a correre potrai scegliere gli strumenti di investimento più adatti.

Il broker

La scelta di un broker è un passo cruciale nel processo di investimento. In Italia, sia le piattaforme di trading online che le banche offrono servizi di brokerage, consentendo l’accesso ai mercati finanziari. La selezione di un broker dovrebbe basarsi su diversi fattori, tra cui le commissioni e i costi di transazione, l’usabilità della piattaforma, l’affidabilità e la sicurezza, la qualità del servizio clienti e la disponibilità di strumenti di analisi e formazione.

Una volta selezionato il broker, si procede con l’apertura di un conto di trading, fornendo la documentazione necessaria per l’identificazione e accettando i termini di servizio. Il passo successivo è il deposito dei fondi nel conto, che permette di iniziare ad acquistare titoli. La pianificazione di una strategia di investimento è fondamentale, decidendo se adottare un approccio attivo, selezionando personalmente i titoli, o passivo, puntando su fondi indicizzati o ETF per replicare l’andamento di un indice di mercato.

Come iniziare (concretamente)

Mi rivolgo a chi si sente particolarmente spavaldo e opta per il fai-da-te: l’acquisto avviene tramite la piattaforma del broker, dove è possibile selezionare gli investimenti e piazzare ordini al mercato o limitati a un prezzo specifico. Il mio consiglio molto molto di massima è quello di regolarmente il tuo portafoglio e, se necessario, apportare modifiche per mantenere l’allineamento con gli obiettivi finanziari e la tolleranza al rischio.

Ma prima di ogni altra cosa: informati sulla normativa!

In Italia, gli investimenti sono soggetti a una normativa e a una tassazione specifiche, con le plusvalenze tassate separatamente, attualmente al 26% per la maggior parte degli strumenti finanziari. È consigliabile informarsi adeguatamente su questi aspetti, anche con l’aiuto di un consulente fiscale.

Ma ho un ultimo consiglio, che sicuramente non ti aspettavi:

Non essere sprovveduto.

La finanza non è un giochino da replicare perché ha l’allure del successo e perché nei film sembra facile.

Investire richiede un approccio ponderato e informato. Sembra facile investire – e l’atto in sé lo è – ma senza una solida informazione di base, si rischia.

Meglio viaggiare informati!

Il metodo Monte Carlo è una tecnica matematica che consente di risolvere problemi numerici attraverso la simulazione di variabili casuali. 

Questo metodo è ampiamente utilizzato in vari campi, come la finanza, la fisica, l’ingegneria, la statistica e l’informatica, per citarne alcuni. Il nome “Monte Carlo” è stato ispirato dalla città di Monaco, famosa per i suoi casinò, riflettendo l’elemento di casualità al centro di questo metodo.

Principi fondamentali

Il metodo Monte Carlo si basa su principi di statistica e probabilità per stimare valori sconosciuti o per simulare il comportamento di sistemi complessi che sono difficili o impossibili da modellare con precisione attraverso equazioni deterministiche. Al cuore di questo metodo c’è la generazione di un grande numero di esiti casuali per un processo, che vengono poi analizzati statisticamente. In finanza usiamo il metodo MonteCarlo nella valutazione del rischio e nella modellazione di prezzi di derivati. Ma è anche usato in meccanica statistica e fisica nucleare, per esempio, per simulare il comportamento di particelle subatomiche o per calcolare integrali complessi in dimensioni elevate.

Ma è un metodo usato anche in matematica e in altre scienze, per calcolare approssimazioni di integrali difficili da risolvere analiticamente.

Capire il futuro con la casualità

Il funzionamento base del metodo Monte Carlo può essere descritto con questa frase, che va a cavallo tra i Baci Perugina e la loro filosofia spiccia, e alcune grandi riflessioni sulla casualità che le grandi menti hanno prodotto. 

In sostanza, il metodo Monte Carlo parte dalla definizione del problema, tramite anche identificazione delle variabili coinvolte.

Il segreto del funzionamento del metodo è la simulazione del futuro attraverso la generazione di un grande numero di scenari per il problema, utilizzando numeri casuali per rappresentare le variabili di interesse.

C’è poi la fase più dura, quella del calcolo – da cui gli studiosi a vocazione umanista spesso rifuggono.

Eppure eseguire i calcoli necessari per ogni scenario simulato è fondamentale – altrimenti il metodo sarebbe una pseudodottrina pronta a crollare al primo confronto con la realtà..

Il suo vantaggio principale è la flessibilità, dato che viene usato non solo nei campi che ho citato sopra, ma anche in matematica, ingegneria, fisica…

Certo, non dobbiamo dimenticarci che come tutti i sistemi che richiedono uno sforzo computazionale, anche il metodo Montecarlo ha dei limiti: chi ha la capacità di calcolo, il tempo e lo spazio per mettersi a prevedere tutti gli scenari casuali possibili?

Il fraseggio musicale è l’arte di modellare le frasi musicali in un modo che renda la musica espressiva e significativa. È il tocco personale che un musicista o un cantante aggiunge a una composizione per interpretarla in modo unico, esattamente come un oratore usa differenti toni e pause per dare enfasi al proprio discorso.

Il fraseggio si riferisce alla maniera in cui vengono articolate le note e le frasi in un pezzo musicale. Abbiamo quindi l’uso della dinamica, del ritmo, del timbro e dell’articolazione: tutto serve a trasformare una serie di note da una semplice sequenza di suoni in una narrazione emotiva e coinvolgente.

Concetti di base

Innanzi tutto, uno semplice: la dinamica.

La dinamica è l’uso di volume variabile, da piano a forte, aiuta a creare tensione e rilascio, e a sottolineare parti importanti di una frase musicale.

Modificare leggermente il ritmo, poi, attraverso l’uso di rubato o altri mezzi, può aggiungere un senso di spontaneità e espressione.

Che cos’è il rubato in musica

Il termine “rubato” in musica si riferisce a una tecnica espressiva che coinvolge la manipolazione flessibile del tempo. Il rubato implica “rubare” del tempo da una nota o un gruppo di note e poi “restituirlo” altrove all’interno della frase musicale. Questa tecnica è usata per aggiungere espressività e pathos alla musica, permettendo ai musicisti di interpretare una composizione in modo più personale e emotivo.

Sebbene il rubato possa essere trovato in varie forme in molta musica, è spesso associato alla musica romantica. Compositori come Chopin, Schumann e Liszt hanno spesso impiegato questa tecnica nelle loro opere.

Tornando ai concetti di base del fraseggio, abbiamo l’articolazione: qui, l’attacco e il rilascio delle note, tramite staccato, legato e altri metodi, contribuisce a definire il carattere di una frase.

C’è infine il timbro: Il colore tonale e la qualità del suono possono essere adattati per aggiungere espressione e atmosfera.

Importanza del fraseggio nella performance

Il fraseggio è essenziale in ogni performance musicale. Un buon fraseggio può illuminare la struttura interna di un pezzo, evidenziando il dialogo tra diverse voci musicali e svelando la visione emotiva del compositore. I grandi musicisti sono spesso riconosciuti per la loro capacità di fraseggiare in modo convincente, dando nuova vita a pezzi noti.

Ma il fraseggio è anche una questione di interpretazione personale. Diversi musicisti possono eseguire lo stesso pezzo in modi molto diversi, a seconda di come scelgono di fraseggiare. Questo aspetto del fraseggio permette ai musicisti di esprimere la loro individualità e di comunicare direttamente con l’ascoltatore.

Mi è capitato di sentire dei novellini della finanza porre la questione. I fondi indicizzati e gli ETF (Exchange-Traded Funds) sono entrambi strumenti di investimento che permettono di ottenere esposizione a un ampio paniere di titoli, ma ci sono alcune differenze in termini di struttura, operatività e costi, e queste differenze vanno ovviamente conosciute.

Quindi, oggi vorrei dare un po’ delle mie solite informazioni in pillole – inutili per gli esperti ma sensate per chi si sta avvicinando gradualmente al mondo della finanza. 

I fondi indicizzati: cosa sono?

I fondi indicizzati sono tipi di fondi comuni di investimento che replicano la performance di un indice di mercato specifico, come l’S&P 500 o il FTSE MIB, cercando di eguagliarne la composizione e i rendimenti. Gli investitori acquistano quote del fondo, e il gestore del fondo utilizza il capitale raccolto per investire in tutte (o quasi tutte) le azioni o obbligazioni presenti nell’indice di riferimento.

Gli acquisti e le vendite delle quote dei fondi indicizzati avvengono direttamente con la società di gestione del fondo, e il prezzo delle quote viene aggiornato una volta al giorno, alla fine della giornata di trading, basandosi sul valore netto d’inventario (NAV) del fondo.

Generalmente i costi sono bassi. Almeno, lo sono rispetto ai fondi comuni attivi, ma possono includere commissioni di sottoscrizione o riscatto e spese correnti leggermente più elevate rispetto agli ETF.

ETF

Ho già parlato degli ETF, ma vediamo le differenze con i fondi indicizzati. In sostanza, anche gli ETF replicano un indice, ma sono strutturati in modo da poter essere negoziati in Borsa come le azioni individuali. Ciò significa che gli investitori possono comprare e vendere quote di ETF durante l’orario di borsa a prezzi che variano in tempo reale.

La negoziazione in borsa degli ETF permette una maggiore flessibilità e immediatezza nelle operazioni, consentendo di sfruttare strategie di trading come l’acquisto in marginazione e la vendita allo scoperto. Inoltre, gli ETF offrono la possibilità di piazzare ordini limitati, stop loss e altre tipologie di ordini non disponibili per i fondi indicizzati tradizionali.

Perché scegliere gli ETF?

Gli ETF sono noti per i loro bassi costi di gestione, dato che la maggior parte mira semplicemente a replicare l’andamento di un indice senza la necessità di una selezione attiva dei titoli. Tuttavia, essendo negoziati come azioni, comportano costi di transazione e potenziali differenze tra prezzo di acquisto (ask) e prezzo di vendita (bid).

… Va bene, ma quindi?

La finanza non è facile, l’ho ribadito in molte occasioni.

La scelta tra fondi indicizzati e ETF dipende dalle preferenze individuali in termini di modalità di investimento, costi, e strategie di trading. Gli ETF possono essere più attraenti per gli investitori che cercano flessibilità e la possibilità di negoziare attivamente. I fondi indicizzati, d’altra parte, possono essere preferiti da chi desidera un approccio di investimento più semplice e diretto, senza la necessità di gestire le dinamiche di trading intraday.

Entrambi ti aiutano a diversificare il proprio portafoglio.

Quindi, studia ancora un po’, e poi decidi in base alle tue esigenze!

In finanza, la kurtosi è una misura statistica che descrive la forma della distribuzione dei rendimenti di un investimento, in particolare la “pesantezza” delle sue code rispetto a una distribuzione gaussiana. 

La kurtosi è particolarmente importante nell’analisi del rischio, poiché fornisce indicazioni sulla probabilità di eventi estremi, come guadagni o perdite insolitamente grandi.

Come si calcola la kurtosi

È calcolata come una parte della formula della deviazione standard, ma mentre la deviazione standard misura quanto i valori si allontanano dalla media, la kurtosi calcola quanto spesso appaiono valori estremi. 

La kurtosi è spesso associata al rischio di coda in finanza. Una distribuzione leptokurtica, con code pesanti, suggerisce che il rischio di eventi di mercato estremi (come crash improvvisi o guadagni straordinari) è più alto rispetto a quanto si potrebbe aspettare in una distribuzione normale.

Gestione del portafoglio e strategie di investimento

Gli investitori e i gestori di portafoglio usano la misura della kurtosi per valutare il rischio associato a diversi investimenti o strategie di portafoglio. Una comprensione accurata della kurtosi può aiutare a mitigare il rischio di perdite impreviste.

Ma adesso faccio qualche esempio pratico.

Oppure, consideriamo un’azione di una compagnia tecnologica emergente, la quale potrebbe avere una distribuzione di rendimenti leptokurtica. Questo significa che, sebbene la maggior parte dei rendimenti possa essere raggruppata vicino alla media, ci sono relativamente più eventi estremi (sia positivi che negativi) rispetto a un titolo meno volatile. Per gli investitori, questo si traduce in un rischio più elevato di guadagni o perdite imprevisti.

Ci sono poi dei fondi hedge che adottano strategie ad alto rischio, come le operazioni di leva finanziaria o short selling, possono esibire una distribuzione di rendimenti leptokurtica. Gli investitori in questi fondi devono essere consapevoli che, oltre alla possibilità di alti rendimenti, esiste un rischio significativo di perdite ingenti.

Crash del mercato azionario

Eventi come il crollo del mercato azionario del 1987 o la crisi finanziaria del 2008 sono esempi di eventi a coda pesante. 

Sebbene questi eventi siano rari, hanno un impatto devastante. 

Una distribuzione leptokurtica può aiutare a identificare il potenziale per tali eventi estremi nel comportamento del mercato.

Anche i mercati obbligazionari possono mostrare una kurtosi elevata in periodi di stress finanziario o crisi economica. Ad esempio, durante una crisi finanziaria, il rischio di default aumenta, portando a una maggiore probabilità di variazioni estreme nei prezzi delle obbligazioni.

Le compagnie di assicurazione utilizzano spesso modelli che considerano la kurtosi per calcolare il rischio di sinistri. 

In alcuni settori, come l’assicurazione contro calamità naturali, la distribuzione dei sinistri può essere estremamente leptokurtica, con lunghi periodi di piccole perdite intervallati da brevi periodi di perdite catastrofiche.

Questi esempi mostrano come la kurtosi sia un aspetto importantissimo nella valutazione del rischio e nella gestione degli investimenti in finanza, sottolineando l’importanza di considerare la possibilità di eventi estremi nella pianificazione e nell’analisi finanziaria.

Chi ha studiato un po’ di finanza si è certamente imbattuto in Benoit Mandelbrot, anche noto come l’inventore della geometria frattale.

Le analisi delle fluttuazioni del mercato di Mandelbrot

Molti modelli finanziari si basavano sull’ipotesi che i movimenti dei prezzi sui mercati seguissero distribuzioni normali (o distribuzioni a campana di Gauss).

Cosa ha fatto Mandelbrot?

Ha dimostrato che queste assunzioni erano spesso irrealistiche e che i mercati finanziari mostrano in realtà distribuzioni “a coda pesante”, con una maggiore probabilità di grandi fluttuazioni (sia positive che negative) rispetto a quanto previsto dai modelli tradizionali.

Questo significa che, anche se rari, eventi come crolli del mercato o guadagni improvvisi sono più probabili di quanto suggerirebbe una distribuzione gaussiana.

Prendiamo ad esempio il crollo del mercato azionario del 1929 o la crisi finanziaria del 2008.

In una distribuzione gaussiana, tali eventi estremi sarebbero considerati quasi impossibili.

Cosa sono le distribuzioni a coda pesante

Le distribuzioni a coda pesante sono un tipo di distribuzione statistica caratterizzate da code che non diminuiscono rapidamente all’allontanarsi dalla media della distribuzione.

Questo significa che gli eventi estremi, ovvero quelli molto distanti dalla media, hanno una probabilità maggiore di verificarsi rispetto a quanto previsto in una distribuzione gaussiana. 

Nelle distribuzioni a coda pesante, gli eventi estremi (valori molto alti o molto bassi) sono più probabili rispetto a una distribuzione gaussiana. Questo significa che mentre una distribuzione gaussiana tende ad avere una maggior parte dei suoi valori concentrati vicino alla media, una distribuzione a coda pesante mostra una maggiore frequenza di valori estremi.

Nelle distribuzioni gaussiane, le code si estendono simmetricamente da entrambi i lati della media e diminuiscono rapidamente, seguendo una forma a campana. In una distribuzione a coda pesante, le code si estendono più lontano e non diminuiscono così rapidamente, indicando che la probabilità di valori lontani dalla media non cala velocemente come nelle gaussiane.

I fenomeni da coda pesante

Prendiamo gli uragani, le inondazioni o le ondate di calore. Mentre gli eventi meteorologici estremi sono rari, la loro probabilità non è trascurabile e deve essere considerata seriamente nella pianificazione e nella gestione del rischio.

Distribuzione della Ricchezza

La distribuzione della ricchezza in molte società segue una distribuzione a coda pesante. Una piccola percentuale della popolazione detiene una grande parte della ricchezza totale, con valori molto più alti della media. Una distribuzione gaussiana, al contrario, suggerirebbe una distribuzione più uniforme della ricchezza.

Oppure, la dimensione delle città, che segue spesso una distribuzione a coda pesante. Mentre ci sono molte piccole e medie città, ci sono anche alcune città molto grandi (come New York, Tokyo o Mumbai) la cui popolazione è molto superiore alla media. In una distribuzione gaussiana, le città di tali dimensioni sarebbero estremamente improbabili.

Nell’assicurazione, i sinistri possono seguire una distribuzione a coda pesante. Mentre la maggior parte dei sinistri può avere un costo basso o medio, ci sono sinistri estremamente costosi (come i disastri naturali o i grandi incidenti industriali) che, sebbene rari, hanno una probabilità non trascurabile e possono avere un impatto significativo sulle compagnie di assicurazione.

Sento sempre più spesso persone anche del Nord Italia che utilizzano correntemente il termine “sciapo”. Chiunque abbia visto almeno un film in romanesco, anche non necessariamente stretto, ha imparato a riconoscere questo termine come sinonimo di “insipido”, “insapore”.

Però quando è successo che “sciapo” ha smesso di essere considerato un’esoticheria, ed è diventato italiano?

Ho fatto una piccola ricerca.

“Sciapo” è italiano… ma non troppo 

A una prima rapida ricerca, si scopre che alcuni dizionari enciclopedici definiscono il termine “sciapo” come un regionalismo centro-italiano.

Tecnicamente, quindi, non fa parte della lingua italiana, se non come variante locale – però attenzione: non dialettale!

Etimologia

La parola “sciapo” ha una derivazione dal latino “insipidus,” che significa “senza sapore” o “insipido”. La trasformazione linguistica e fonetica ha portato all’evoluzione del termine nel corso del tempo, passando attraverso varie lingue e cambiando leggermente la sua forma. “Sciapo” in italiano riflette questa evoluzione e continua a essere utilizzato per indicare qualcosa di privo di sapore o poco interessante. 

Ma abbiamo anche una derivazione greca.

L’origine del termine “sciapo” è collegata al termine “sképos,” che significa “inconsistente” o “senza gusto.”

Inconfondibile quindi la derivazione mediterranea.

Cambiamo gli accenti

La cosa che più mi ha divertito durante le mie ricerche su Google è stato vedere la domanda: “come si scrive sciapò?”.

Inizialmente non avevo capito. Possibile che fosse un errore di battitura?

Poi ho ripetuto il termine tra me e me.

E poi ho incontrato un’altra domanda, che mi è stata d’indizio: “cosa vuol dire bravo, sciapò?”.

Bingo.

L’ignoranza diffusa ha colpito ancora, ma stavolta in modo capillare, massificato.

Chapeau. Come ho fatto a non pensarci prima?

Ecco che nell’abisso dei burocratismi, degli anglismi e dei gerghi tecnici che trovano sempre maggiore palcoscenico, torniamo a considerare Chapeau come un termine esotico, dall’origine incerta, entrato a pieno titolo nell’italiano parlato correntemente. 

Il Mukbang, fenomeno nato in Corea del Sud, rappresenta un curioso esempio di come le dinamiche sociali si evolvano nell’era digitale. 

Da giovane mai avrei immaginato che la gente si sarebbe seduta davanti a uno schermo per guardare qualcuno che mangia in modo smodato. Questo comportamento sembra essere una distorsione della condivisione del pasto, un rituale sacro in molte culture, in cui il cibo è spesso il pretesto per riunire, per condividere storie.

La mia generazione ha imparato a considerare il cibo come una componente centrale della socializzazione, un momento in cui la conversazione e il legame umano prendono il sopravvento. 

Il mukbang sembra ribaltare questo concetto, trasformando il pasto in uno spettacolo solitario e voyeuristico. La gente non mangia per soddisfare la fame o condividere un momento di convivialità, ma per intrattenere uno spettatore invisibile.

Sempre più soli

Il Mukbang evidenzia anche la crescente solitudine nella società moderna. Quando ero giovane, non c’erano smartphone o internet, e le persone facevano sforzi per connettersi di persona. Ora, sembra che le persone si aggrappino a queste strane forme di connessione virtuale, come guardare qualcuno mangiare online, per colmare il vuoto delle relazioni umane reali.

Il cibo non è più una risorsa preziosa. 

Qui vengono celebrati apertamente l’eccesso e la mancanza di controllo.

Quindi, non è mia intenzione connotarmi nei miei giudizi come irrimediabilmente passé.

Non vorrei ignorare delle nuove esigenze sociali che potenzialmente emergono da questo fenomeno.

Certo, non mi vergogno di dire che mi dispiace vedere quello che per me è un immane quanto assurdo spreco di cibo.

Perché innanzi tutto si tratta spesso di cibo spazzatura, quindi è un messaggio non mandato in direzione dell’educazione alimentare. Questo è il primo spreco.

Ma in più, siamo davvero sicuri che queste star del web non vadano poi a vomitare tutta l’abnorme quantità di cibo che hanno ingurgitato?
Come può essere sana una cosa simile?