Non solo dal punto di vista linguistico, perché ogni dialetto è dotato di una propria grammatica e lessico, in parte ricalcati sull’italiano, ovviamente, ma anche per la soglia di comprensibilità: spesso i parlanti di un gruppo non sono in grado di comprendere il dialetto parlato da un altro gruppo.

In alcuni casi, e parlo di alcune specifiche comunità di parlanti dialettali, uno tra tutti il napoletano, esistono dei dizionari, una letteratura, delle antologie, che contribuiscono a dare al dialetto una veste ufficiale.

C’è poi la questione della nobilitazione politica: prendiamo ad esempio il sardo, lingua ufficiale a tutti gli effetti dell’omonima isola. Consideriamo il fatto che dei tre ceppi dialettali del sardo, uno solo è diventato “il sardo” parlato ufficialmente. La nobilitazione politica rende inopportuno chiamarlo dialetto: trattasi di una lingua neolatina, in gran parte derivata dall’italiano.

17 gennaio, giornata nazionale del dialetto

In onore a questa caratteristica frammentazione linguistica della nostra penisola, il 17 gennaio ricorrerà la giornata nazionale del dialetto, alla quale le Pro Loco di ogni città e cittadina italiana sono invitate ad aderire con eventi a tema, tra cui rappresentazioni teatrali, letture, musica e altro.

L’importante è che queste iniziative siano tenute, almeno parzialmente, in dialetto.

Anche per chi mal lo parla o lo comprende appena, ho un invito: approfittate dell’occasione. Se è vero che il popolo italico è lento nell’apprendimento di nuovi idiomi, per l’investimento di risorse che questo comporta, almeno facciamo tesoro di quanto abbiamo vicino a noi: a beneficio della cultura, della tradizione locale, e anche dell’emisfero sinistro, mettiamoci nella condizione di ascoltare un po’ di dialetto.