Si vede che sono cresciuto negli anni ’70, vero?

Sono profondamente convinto, come ho già enunciato in precedenza parlando del rapporto tra arte e politica, che la prima abbia un ruol decisivo sullo svilupparsi e sull’interpretazione della seconda. Con i debiti distinguo e differenziazioni di contesto.

Arte che crea le correnti politiche

Oltre a documentare l’ingiustizia e a costruire comunità, l’arte può dirigersi verso nuove idee politiche, soluzioni e priorità.

Questa prospettiva, che l’arte può seminare alternative politiche, è stata espressa anche nel periodo precedente l’elezione di Trump e nel periodo successivo all’8 novembre.
Queste alternative politiche, abbozzate attraverso l’arte, possono essere più o meno formate. Mira Dayal offre una versione di questa tesi in un breve contributo a ‘The Air Sheets’, una pubblicazione di Sorry Archive, uscita nel dicembre 2016 “come risposta diretta all’inquietudine e all’apprensione del mese scorso”.

Scrive Dayal: “Dopo le elezioni, sono andato nel mio studio con l’intenzione di fare un lavoro che potesse trasmettere disgusto e nausea.” Il suo lavoro, che utilizza frutta in decomposizione e vaselina, e i suoi effetti, sembra richiedere una maggiore attenzione politica sull’affetto, l’emozione e il viscerale come sfida al liberalismo arido e sociopatico che ha a lungo dominato il pensiero politico della sinistra.

Questa nozione, a cui Dayal allude, che il pensiero politico dovrebbe essere radicato maggiormente nei sentimenti, è stata ripresa da attivisti e teorici all’indomani dell’elezione di Trump, che hanno chiesto una politica che abbracci la rabbia, l’empatia e l’amore.

Il Manifesto di Julian Rosefeldt

Un promemoria più didattico del potere dell’arte di contribuire a nuove visioni politiche si trova nel ‘Manifesto’ di Julian Rosefeldt, esposto a New York, Berlino e altrove nel corso del 2016.

Lo spettacolo presenta Cate Blanchett in diverse vesti e identità, tra cui un funerale e un’insegnante, che recita manifesti d’artista su 13 schermi diversi. Il turbinio di suoni, colori e parole che si sperimenta quando si guarda “Manifesto” è un’indicazione dell’energia intellettuale che l’arte può produrre.

E le parole articolate dalla Blanchett – dai futuristi, dai dadaisti e da altri – mostrano l’ambizione di tensione degli artisti nel passato, lasciando aperta la questione se gli artisti debbano reclamare tale ambizione nel nostro presente politico controverso.

Il conflitto con il Capitale

L’Hamburger Bahnhof’s ‘Capital: Debito, Territorio, Utopia’, esposta da luglio a novembre 2016, rappresenta un’altra iterazione del modo in cui l’arte può seminare alternative politiche. La vasta collezione di video, sculture, dipinti e altre forme richiama l’attenzione sulla centralità del debito nel nostro tempo. Una serie di teorici – dall’antropologo e attivista David Graeber, all’economista Adair Turner – hanno iniziato a concentrarsi sul debito privato negli ultimi anni, con l’emergere di prove dei legami tra alti livelli di debito privato e crisi finanziarie, e Mauricio Lazzarato nel suo libro Governed by Debt che pone le basi intellettuali per vedere “gli indebitati” come il nuovo proletariato.

La mostra dell’Hamburger Bahnhof indirizza una maggiore attenzione a questo problema dell’indebitamento. Sottolinea anche che il processo di creazione dell’arte e l’atto di espressione creativa – su argomenti come il debito – potrebbero essere essi stessi atti politici. Nelle parole di Joseph Beuys, riprese nella mostra, “il concetto di creatività è un concetto che riguarda la libertà e allo stesso tempo si riferisce alla capacità umana”.

Non solo poeti

C’è una certa somiglianza tra il posto degli artisti in questa impresa e il ruolo dei poeti nel dare voce agli sviluppi politici emergenti. Il poeta Don Share ha detto dopo le elezioni americane in un’intervista su The Atlantic che “una delle cose in cui la poesia è davvero brava è anticipare le cose che hanno bisogno di essere discusse”. Share ha osservato: “I poeti sono un po’ come … canarini in una miniera di carbone. Hanno un senso per le cose che sono nell’aria”. Lo stesso si potrebbe dire degli artisti – che sono canarini nella nostra miniera collettiva – con le opere del 2016 di Dayal e Rosefeldt, e la mostra Hamburger Bahnhof, dimostrando come gli artisti possano giocare questo ruolo d’avanguardia nel seminare alternative politiche, sia attraverso l’adozione di un nuovo approccio alla politica (basato sull’affetto), sia attraverso la definizione di manifesti, o evidenziando un particolare problema politico (come l’indebitamento).