Concludevo il mio post precedente parlando del mercimonio di opere che vengono definite arte.

Sebbene io sappia che il discorso su cosa possa essere definito arte è infinito, vorrei toccarlo tangenzialmente. Ma solo per arrivare all’argomento che davvero mi interessa: il possesso dell’opera d’arte.

Che cos’è l’arte, in due parole?

Dunque,  senza bisogno di scomodare la filosofia estetica di Baumgarten e di Heidegger, possiamo soffermarci su una brevissima definizione di arte da come la intende il mercato: l’incontro della domanda, anche creata, e dell’offerta da parte di un mondo generalmente riconosciuto come “artistico”.

Il “mondo artistico”

Si intende con “artistico” un mondo che faccia già parte di un determinato circuito, che abbia determinati iter procedurali riconosciuti come connessi all'”arte”.

Faccio un esempio: un artista di strada espone la sua opera in pubblico. Certo, Si differenzia da un pittore tradizionale perché crea la sua opera di nascosto e spesso in contravvenzione ad alcuni regolamenti urbani.

Spesso però è vittima di una vera e propria filosofia artistica, e questo fa di lui un riconosciuto membro del “mondo artistico”.

Arte e possesso

Il caso del cosiddetto RTF in realtà molto utile per delimitare un altro concetto che si lega indissolubilmente all’arte: quello del possesso.

Chi possiede le pitture murali ritrovate nella casa di Goya dopo la sua morte?

 Ma soprattutto, chi possiede La Gioconda con i baffi di Duchamp?

 Se per la prima possiamo aprire un capitolo legale, per la seconda la risposta al quesito sembra più facile la risposta: Duchamp la possiede,  prima di averla venduta. E dopo averla venduta, la possiede il compratore.

Come ho iniziato a dire in questo articolo però, ci sono alcune correnti artistiche che si arrogano il diritto di commercializzare arte infinitamente riproducibile e altamente tecnica non prodotta interamente da loro.

La rivendicazione del possesso diventa quindi puramente commerciale, o meglio il risultato di una lotta di potere e volontà di potenza.

È il caso degli NFT, di cui parlo nell’articolo sopra menzionato. 

Come per l’occupazione di immobile, anche negli NFT applicati al mondo degli oggetti digitali e del collezionismo, l’ultimo che arriva pianta la bandierina.

Ecco che quindi la schiacciata di LeBron James e può essere venduta a milioni di dollari, e una piazza prima pubblica può essere monopolizzata – giustamente – da un gruppo di manifestanti.

Un possesso labile

Il possesso della schiacciata di LeBron e della piazza diventa quindi labile e meno chiaro, paradossalmente, anche perché si mescola al paradosso del semi plagio, se vogliamo parlare di arte.

La Gioconda con i baffi di Duchamp è un’opera d’altri, resa iconica da altri, con una storia d’altri. Una piccola aggiunta, un “tag” da graffitaro, ed ecco che diventa d’altri.

In realtà ci possiamo scandalizzare per il mercimonio che viene configurato dagli NFT, ma già l’avevamo visto in opera.

C’è già chi dichiara di possedere opere di cui non ha mai comprato i diritti.

Ma per favore, non perdiamoci in orizzonti troppo filosofici. Vorrei solo dire che per quanto riguarda l’arte contemporanea ne vedremo delle belle, ma ne abbiamo anche già viste tante.