Nel mio precedente articolo sul finanziamento diretto all’editoria mi sono accorto di aver citato un paio di giornali che ne usufruiscono. Non voglio venir meno al principio di imparzialità, questo va precisato, ma mi hanno fatto notare che citare due esempi come se fossero estremi lascia comunque sottintendere una maniera partigiana di intendere la realtà. Relata refero, comunque, e questo serva a ulteriore prova della mia assoluta buona fede: lungi da me il contrapporre filosoficamente i due poli della linea editoriale di Libero e del Manifesto, nati in epoche diverse, con redazioni diverse e scelte di linea anche variegate, al loro interno.

Credo però realisticamente che ogni effetto di un processo possa essere confrontato con un altro. Banalmente, essendo entrambe testate giornalistiche registrate, penso che sia corretto porle su un piano comparativo, mantenendo come criterio il non eccedere con la ricerc di similitudini o differenze, mantenendo nell’analisi la specificità di entrambe.

Comunque: parlando di giornalismo, non credo che nessuno possa rammaricarsi del pluralismo dell’informazione. Non credo che esista qualcuno che auspichi una sola forma di approvvigionamento della conoscenza. Chiaramente, si parla qui di una forma di conoscenza, e di notizia, più strutturata e verificata, a differenza di quelle che si reperiscono in rete o grazie al passaparola. Essendo una notizia strutturata, possiamo quindi aspettarci che per vincere la concorrenza della notizia immediata serva un aiutino da parte del pubblico, quantomeno adeguato al numero di copie vendute.

Che ciò avvenga in termini di finanziamenti diretti o indiretti, poco ci cambia. Poco ci cambia anche la motivazione politica per la quale un Ministero dell’Economia cali la scure su un settore piuttosto che su di un altro. Il fatto è solo da constatare. Come da constatare è il calo di un settore che aveva rappresentato per molti un caposaldo della ricerca di informazioni. Radiogiornali e giornali cartacei sono in crisi, è attestato, e dovranno ristrutturarsi in senso semiotico e aziendale prima ancora che puntare sull’appiattimento dello scimmiottamento dell’online. Ma dovranno anche imparare, e lo dico in un certo senso a malincuore, a fare a meno del contributo statale diretto.

Molti sono gli articoli che comparano la situazione di altri Stati europei a quella dell’Italia. Vediamoli.