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Simone Piazzola (classe 1985)

Parliamo brevemente di Simone Piazzola, giovane e con prospettive interessanti. Alla stagione operistica della Scala di Milano si è sentito di recente (a novembre, sempre nella stagione 2017/2018) nella Messa per Rossini.

Il baritono di origine veronese Simone Piazzola si sta esibendo a Monaco, Parigi, Dresda e Berlino. I palcoscenici europei lo premiano con ruoli di spessore, principalmente verdiani, con l’eccezione del Lord Enrico Ashton nella Lucia di Lammermoor al Semperoper Dresden. Mi sembra che la definizione di baritono drammatico gli si possa confarre, come penso che dimostri il premio Bastianini che questo giovane tenore ha conquistato a Sirmione, l’estate scorsa. Il drammatica belcantista della Lucia di Lammermoor non penso possa essere messo in discussione, si può però restringere il campo a “baritono verdiano”, per la sua grande plasticità, a mio avviso, e la sua straordinaria tenuta.

Comunque, Chailly l’ha diretto nella Messa per Rossini alla fine dello scorso anno, come solista. Aspetto con trepidazione il suo don Carlo nell’Ernani a ottobre dell’anno in corso.

Fu prima di diventare uno dei tenori wagneriani più famosi di tutti i tempi, tanto da essere invitato a Bayreuth, che il giovane tenore Giuseppe Borgatti si ritrovò a cantare alla prima a LaScala dell’Andrea Chénier. Era il marzo 1896 e il verismo era tendenza che bel si accoppiava con le istanze sociali della giovane monarchia italica.

Umberto Giordano infatti ha impostato buona parte della sua carriera su questo filone, con Fedora, cantato alla prima nientemeno che da Enrico Caruso. Il Voto anche, e Marina, opera prima con la quale partecipò a un concorso operistico poi vinto da Cavalleria Rusticana.

L’Andrea Chénier

L’Andrea Chénier non è opera per chi ha gusti tradizionali. I vocalizzi sono molti, e soddisfacenti solo se avete la fortuna di trovare un inteprete che sa colorare senza risultare forzato. A mio personale parere, anche un inteprete che non vibra troppo nei momenti di virtuosismo.

Storicamente le rappresentazioni di questo spettacolo sono diminuite dopo i primi trent’anni di continue riproposizioni, ma la popolarità dell’opera mi sembra che sia rimasta notevole. LaScala ha scelto di aprirvi la nuova stagione operistica, con un tenore azero che non conosco, Yusif Eyvazov. La controparte femminile è l’istrionica Anna Netrebko, che si sta facendo un discreto nome nella scena italiana e internazionale.

Il libretto è di Luigi Illica e si ispira a André Chénier, poeta francese vissuto in età rivoluzionaria. I buoni sentimenti rivoluzionari sono indorati dall’aura di positività semplice che accomuna la gran parte delle coppie tenore/soprano protagoniste nelle opere tardo-ottocentesche.  Il baritono, che nel triangolo assume solitamente il ruolo di oppositore, qui è entrambi. Anch’egli è innamorato di Maddalena, la giovane nobile che viene però conquistata dall’idealismo rivoluzionario di Chénier. Sarà la sua nefasta intercessione a far condannare a morte il poeta dal tribunale di Robespierre (salvo poi pensirsene entro il terzo quadro).

Infine il verismo, come prevedibile, si annacqua, e i due amanti muoiono, mentre il baritono si dispera.

Una bella opera, che consiglio a chi ama il virtuosismo, e a chi digerisce questo genere di trama.