Mi ha divertito molto l’incipit sul Sole online di un articolo di Fubini sulla crescita prevista del pil italiano.

Da venerdì sera, con il giudizio favorevole di Standard & Poor’s, anche l’Italia è invitata al party. Per ora si aggira con un bicchiere di succo di frutta in mano e molta circospezione.

I gestori di fondi esposti sul debito pubblico italiano hanno dovuto prendere anche atto dell’annuncio che la Bce dimezzerà il ritmo degli acquisti di nuovi titoli di Stato.

Ma come la vede Fubini, è comunque un’Italia astemia quella che emerge. Ancora, la ripresa non è strutturale. Sebbene la nostra crescita per abitante dal 2015 abbia iniziato a superare la Francia (+0,8% cumulato di scarto nell’ultimo biennio) e nel 2015-2016 addirittura la Germania (+0,3%).

Sebbene

Il made in Italy ha venduto per 128,9 miliardi nel resto del mondo, il made in France per 124,8. Nei primi sei mesi il fatturato dell’export italiano è salito dell’8% sull’anno prima, quello tedesco del 6%, quello francese del 4% e questi ritmi resteranno per tutto il 2017.

L’importazione continua a essere più alta dell’export. Produttività e efficienza, se viste nel contesto Ocse, continuano a renderci poco competitivi.

Concepisco questa come la seconda parte dell’intervento che avevo già scritto, lo ammetto, sull’onda dell’entusiasmo generale.

Per quanto l’entusiasmo non faccia parte della mia sfera professionale, nè dei giudizi di S&P.

 

(Questa è la fonte dei brani che ho citato)