Il narratore dell’Iliade allude in modo prolettico alla morte di Patroclo per tutto il poema: ad esempio nell’ottavo libro si profetizza esplicitamente che “non certo prima il possente Ettore desisterà dall’attacco che presso le navi si risvegli il pericolo veloce, il giorno in cui tutti loro combatteranno vicino alle offerte in una stretta tremenda, attorno a Patroclo morto”.

La morte di Patroclo viene riferita in modo a cui forse non siamo abituati e che è tipico dell’epoca; come se fosse un dettaglio irrilevante e di secondo piamo, viene buttata nell’azione prima ancora dell’ingresso del personaggio di Patroclo nell’alchimia della storia.

L’inutilità di Patroclo

Questo ci dà la cifra di quanto poco contattasse in realtà questo mortale per la scala di valori dell’epoca, anche se per l’economia narrativa è fondamentale. Ancora, nell’XI libro Achille decide di inviare Patroclo da Nestore per avere notizie sugli ulteriori sviluppi del combattimento. L’amico mortale incede simile ad Ares, ma il narratore con piglio onnisciente commenta che sarà “il principio della sua fine”.

L’inquietudine del protettore

Non per niente Achille, che conosce il peso della sorte è della gloria, prova sempre una certa apprensione, anche quando consente all’amico Patroclo di andare in battaglia.

Gli chiede infatti tornare presto indietro dopo aver compiuto la propria aristeia, perché gli dèi non lo guardino troppo. Anche durante la sua vestizione Patroclo dimostra tutta la propria inadeguatezza: non riesce a impugnare la pesante lancia di Achille, in primis, e questo costituisce un chiaro preludio a quello che succederà. Quando il dio sleale (Apollo) provoca la morte del giovane, in qualche modo noi già ce l’aspettavamo, ma in fondo la narrativa dell’epica è molto diversa, anche come ritmi, rispetto a quella odierna.

Una morte immeritata

Quello che più colpisce è che Patroclo non si era meritato questa morte. Gli errori suscitano l’empatia di noi moderni, e Patroclo commette quello di essersi trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Non aveva nemmeno tentato di indispettire  una divinità, né di attirarne l’invidia con ubris eccessiva o con blasfemia. Però l’ha fatto il suo mentore Achille, e come tutti i deboli e mortali, anche Patroclo risente dei numi tutelari che si è scelto.

Morale della favola: sceglietevi meglio i vostri protettori.