La regia cinematografica è arrivata anche nel teatro, e fin qui nessuna novità: fin da Aristotele, cioé da quando abbiamo una memoria storica del teatro, si dice che i registi tentino di riprodurre la realtà. La realtà non è altro che la riproduzione che nel nostro cervello avviene del mondo fenomenico, per dirla come gli empiristi.

E il mondo fenomenico cos’è se non la stampa della linea temporale nella nostra percezione, condita dai diversi picchi d’attenzione concessici dalla memoria, dai sensi, anche dall’intensità fenomenica stessa del presente?

La regia

E quindi la regi tenta di ricreare, in modo  soggettivo, il collegamento con questo mondo fenomenico, nella mimesi aristotelica più pura. Ecco che in una regia teatrale barocca la macchina assumeva a questo punto un ruolo fondamentale. Ecco che viceversa gli stratagemmi per rappresentare l’osceno diventavano i più vari: dove non si può mimare un accoltellamento, ad esempio in un dramma storico shakespeariano, allora subentra l’mmaginazione del pubblico.

Quando gli attori raccontano

Siamo abituati a pensare che il romanziere, il poeta, lo sceneggiatore raccontino. In realtà la tecnica del racconto di seconda mano è un spediente narrativo molto diffuso, e spesso messo in mano agli attori. Il messo che entra e riferisce una notizia, ad esempio. Oppure il personaggio di nome “Prologo” nel tetro greco e romano, con la parodia che tutti ricordiamo nel “Sogno di una notte di mezza estate”, sempre shakespeariano.

Non dimentichiamoci del teatro

Io capisco che il metodo cinematografico assommi in sé talmente tanta cura dell’effetto speciale e della narrazione mista che diventa difficile tornare a un banale “racconto di seconda mano”. Mi pare che si chiamasse racconto “eterodiegetico”, giusto per farcire un po’ questo intervento di nozionismo.

Ma ecco, fate teatro. Facciate teatro. Il cinema c’è, ed è una forma d’arte con i suoi canoni. Se la riproponiamo senza la potenza dell’effetto speciale, a mio parere abbiamo perso un’importante occasione di varietà artistica.

Ma forse sono vecchio io.